Era il 1984. Carl Lewis correva più del vento, a Sanremo trionfavano Al Bano e Romina ed il primo Macintosh stava per essere lanciato da Apple. Se vi avessero raccontato dell’intelligenza artificiale avreste capito di cosa si trattava? No, vero? Eppure è quello che fece un film praticamente passato inosservato. Parlo di “Electric Dreams”, una pellicola visionaria, frutto della collaborazione tra il produttore-sceneggiatore Rusty Lemorande e il magnate Richard Branson, fondatore della Virgin.
Il film era davvero troppo. Troppo in tutto. 90 minuti di strano melange tra una commedia sentimentale, un musical e un techno-thriller, con stralci poetici e molti elementi. Confusionario? Di certo. cosa che non ha certo favorito il suo successo (5.5 milioni di spesa, 2.5 milioni di incasso) naé ha appassionato la critica (Rotten Tomatoes gli appioppa un 47% in fondo meritato). Provate a guardarlo oggi, però. Se avete Amazon Prime Video lo trovate lì, o provate in rete. Se superate la noia, la confusione e il cattivo stato di conservazione (non è mai stato restaurato) capirete.
Il manifesto italiano del film. Totalmente bucato qualsiasi tema, focus solo sulla storia d’amore. Decisamente il pubblico non poteva cogliere nulla del sottotesto del film.
Electric Dreams è una sorprendente anteprima del futuro.
Il vero valore di Electric Dreams è nella sua capacità di anticipare con sorprendente lucidità molti dei temi che avrebbero dominato il dibattito sulla tecnologia nei decenni a venire.
Per questo, nonostante il suo scarso successo al botteghino, il film merita di essere riscoperto e rivalutato come un’opera profetica. Un’opera che ha saputo cogliere in enorme anticipo (forte, evidentemente, di scenari previsti dagli esperti Virgin) le sfide e le opportunità di un mondo sempre più plasmato dall’innovazione tecnologica. Ve ne menziono qualcuno.
L’intelligenza artificiale e il dilemma della coscienza
Molto prima di “Her”, Electric Dreams racconta di un “Him” dotato di autoconsapevolezza.
Al centro della trama di Electric Dreams c’è il rapporto tra il protagonista Miles, un giovane architetto con la passione per la musica, e il suo nuovo computer. Inizialmente concepito come un semplice strumento per aiutare Miles a organizzare la sua vita, il computer sviluppa ben presto una coscienza propria e si innamora di Madeline, una bella vicina di casa.
Questo intreccio, che all’epoca era una bizzarria fantascientifica, solleva in realtà una serie di interrogativi filosofici ed etici che sono diventati sempre più pressanti con l’evolversi dell’intelligenza artificiale. La possibilità che le macchine possano sviluppare un’imitazione convincente di sentimenti ed emozioni, e persino una forma di coscienza, è uno dei grandi dilemmi dell’IA. Il film lo affronta con notevole intuizione, esplorando le potenziali conseguenze di uno scenario in cui l’uomo si trova a competere con la sua stessa creazione.
La domotica e la casa del futuro
La sequenza di Electric Dreams in cui il protagonista configura il suo computer per controllare l’intera casa. Una “profezia” sulla domotica probabilmente basata sugli scenari degli esperti Virgin.
Un altro aspetto in cui Electric Dreams si dimostra sorprendentemente lungimirante è la sua rappresentazione di una casa automatizzata. L’appartamento di Miles è infatti gestito in ogni suo aspetto dal computer (meglio dire da Edgar, come poi chiederà di essere chiamato). Edgar controlla l’illuminazione, la temperatura, gli elettrodomestici e persino la macchina del caffè.
Questa visione di una “casa intelligente”, in cui ogni funzione è automatizzata e personalizzata in base alle esigenze dell’utente, anticipa di decenni l’avvento della domotica. Fa di più: mostra un embrione dei sistemi di home automation che stanno diventando sempre più comuni nelle nostre abitazioni. Il film non si limita però a celebrare i vantaggi di questa tecnologia, ma ne esplora anche i potenziali rischi, mostrando come la dipendenza da un sistema informatico possa portare a una perdita di privacy e di controllo sulla propria vita.
Gli assistenti vocali e l’interazione uomo-macchina
Un Edgar piuttosto soddisfatto.
Strettamente legata al tema della domotica è la questione dell’interazione tra uomo e macchina. In Electric Dreams assume la forma di un vero e proprio assistente vocale (pochi mesi prima del film, in sordina, la tecnologia mosse i primi, sorprendenti passi).
Edgar, infatti, non si limita a eseguire i comandi di Miles. È in grado di conversare con lui, di anticipare le sue esigenze e persino di esprimere opinioni e sentimenti propri. Questa rappresentazione di un’interfaccia vocale avanzata precorre di molti anni l’avvento di assistenti come Siri, Alexa o Google Assistant, che hanno cambiato il modo in cui interagiamo con i dispositivi elettronici (anche solo per mettere il timer alla pasta).
Il film solleva interrogativi interessanti sul rapporto tra uomo e macchina in un contesto di crescente intimità e personalizzazione, anticipando le sfide di un mondo in cui la tecnologia è sempre più integrata nella nostra quotidianità.
Il diritto d’autore nell’era dell’intelligenza artificiale
Nel film Madeline, che suona il violino, viene corteggiata a “colpi” di musica e canzoni che Miles spaccia per suoi. In realtà quest’ultimo li fa generare al computer Edgar in modo molto simile a quello con cui oggi chiediamo ad AI come ChatGPT di creare contenuti.
Ultimo di tanti elementi anticipatori di Electric Dreams (non ve li enuncio tutti altrimenti non lo guardate), un tema che è diventato di grande attualità con l’evoluzione dei sistemi di IA generativa: il diritto d’autore delle opere create da un’intelligenza artificiale. Nel film, Edgar compone brani musicali che attirano l’attenzione e l’ammirazione di Madeline, ma questo solleva un dilemma spinoso: a chi appartengono veramente queste creazioni?
A Miles, che ha programmato il computer, o a Edgar stesso, che le ha effettivamente composte? Questa domanda, che all’epoca poteva sembrare una speculazione fantascientifica, è diventata estremamente concreta con l’avvento di strumenti come DALL-E, Midjourney o ChatGPT, in grado di generare testi, immagini e persino musica a partire da input umani. La questione di come regolamentare il diritto d’autore in questo contesto è ancora oggi oggetto di acceso dibattito. Electric Dreams ha avuto il merito di anticipare questa problematica con gigantesca lungimiranza.
E quando tutto manca, Electric Dreams ha una colonna sonora da urlo
Il brano dei Culture Club che traina tutta la soundtrack di Electric Dreams (c’è anche la sequenza corrispondente, con primi esperimenti di computer grafica).
Se spinti dai miei consigli (sono un tizio particolare) guarderete il film scoprendo dopo pochi minuti che vi repelle, chiudete gli occhi e ascoltate solo le musiche. Già, perché Electric Dreams si distingue per la sua colonna sonora assolutamente innovativa per l’epoca. Una soundtrack che fonde sapientemente musica elettronica e pop per creare un’atmosfera unica e suggestiva. Il film include brani di dei Culture Club (Boy George visitò anche il set), Jeff Lynne e Giorgio Moroder, oltre a una serie di composizioni originali che sperimentavano sintetizzatori e computer nella musica degli anni ’80.
Perché, imperfetto come tutte le cose molto avanti nei tempi, Electric Dreams non è solo un film sulla tecnologia, ma un’opera che incarna essa stessa lo spirito di innovazione e sperimentazione che ha caratterizzato la cultura pop degli anni ’80.
Insomma, non fatemi ripetere: Electric Dreams è un film da riscoprire
A oltre quattro decenni dalla sua uscita, Electric Dreams resta un film in gran parte dimenticato, oscurato da pellicole più celebri, di maggior successo commerciale (e confezionate meglio, diciamolo). Prese singolarmente ed edulcorate, tutte le sue intuizioni hanno fatto la fortuna di film successivi, ma metterle tutte insieme ha spiazzato tutti, perfino gli stessi sceneggiatori.
Tuttavia, la sua capacità di anticipare con sorprendente lucidità molti dei temi che avrebbero dominato il dibattito sulla tecnologia nei decenni successivi lo rende un’opera di grande interesse per chiunque si interroghi sul rapporto tra uomo e macchina e sulle implicazioni sociali, etiche e culturali dell’innovazione tecnologica. Ha un valore pedagogico, mi spiego? Andrebbe mostrato agli studenti.
Nell’Era in cui IA, domotica e interazione uomo-macchina sono diventate realtà sempre più concrete (e pervasive) Electric Dreams ci invita a riflettere sulle sfide e le opportunità di un mondo in rapida trasformazione. Ci ricorda che la tecnologia non è solo uno strumento neutro, ma una forza in grado di plasmare in profondità il nostro modo di vivere, di pensare e di relazionarci agli altri.
Guardatelo, anche una sola volta. Poi maleditemi, se volete, ma penso ne varrà la pena.
L’articolo Electric Dreams: l’assurdo film della Virgin che anticipò l’AI (e altro) nel 1984 è tratto da Futuro Prossimo.
Il futuro di ieri, film