“Tre è il numero perfetto”, dice il proverbio. Ma quando si parla di bomba atomica, due furono già troppe, e la terza… beh, la terza è una storia che pochi conoscono. È la storia di un’arma che non esplose mai, di una minaccia che pendeva sul Giappone come una spada di Damocle, e di un pezzo “demoniaco” di plutonio che sembrava avere una volontà propria.
Preparatevi a un viaggio nel lato oscuro della fine della Seconda Guerra Mondiale, attraverso i piani degli USA per continuare a colpire il Giappone fino alla fine.
Il contesto storico: un Giappone sull’orlo del baratro
Nell’agosto del 1945, il mondo era appena stato scosso dalle devastanti esplosioni della bomba atomica sganciata su Hiroshima e di quella sganciata su Nagasaki. Il Giappone, ostinatamente orgoglioso e determinato, si trovava di fronte a una decisione cruciale: arrendersi o continuare a combattere nonostante delle perdite catastrofiche.
Il governo giapponese era profondamente diviso su questa questione. Da un lato, c’erano i ministri civili che temevano un’invasione sovietica e propendevano per la resa, a condizione che l’imperatore potesse mantenere il suo ruolo. Dall’altro, i militari spingevano per continuare la guerra fino all’ultima goccia di sangue. L’ammiraglio Soemu Toyoda, Capo di Stato Maggiore della Marina, era tra i più accesi sostenitori della guerra a oltranza, perché, sosteneva, gli Stati Uniti avrebbero avuto solo poche bombe atomiche a disposizione. Forse soltanto le due appena lanciate.
Ironicamente, Toyoda non era lontano dalla verità. I dettagli, però, avrebbero fatto tutta la differenza del mondo.
La preparazione della terza bomba atomica
Dopo Nagasaki, gli Stati Uniti disponevano di plutonio sufficiente per un solo altro nucleo, che richiedeva ancora giorni di preparazione. Le previsioni meteo sfavorevoli sul Giappone erano chiare: una terza bomba atomica non sarebbe stata disponibile fino al 17-19 agosto (ricordo: Hiroshima fu colpita il 6 agosto, Nagasaki il 9).
Nel frattempo il presidente americano Truman, sorpreso dalla rapidità con cui erano state sganciate le prime due, aveva ordinato che nessun’altra bomba atomica fosse utilizzata senza la sua esplicita autorizzazione. Per aumentare la pressione sul governo giapponese, però, Truman dichiarò pubblicamente che gli Stati Uniti erano pronti a continuare l’uso di armi atomiche fino alla resa del Giappone.
La corsa contro il tempo
Mentre il gabinetto giapponese dibatteva, bloccato in una situazione di stallo, il terzo nucleo di plutonio venne completato e trasportato in California. Da lì, se necessario, sarebbe stato inviato alla base dei B-29 a Tinian, l’isola non lontana dalle Filippine, per essere inserito in un’altra arma.
Il 14 agosto, con la questione dello status futuro dell’imperatore ancora irrisolta, Truman sciolse le riserve. Autorizzò nuovi raid incendiari sul Giappone per aumentare la pressione, e i militari statunitensi pianificarono un altro attacco nucleare per il 19 agosto. O il primo giorno di bel tempo successivo, se il Giappone avesse continuato a rifiutare la resa.
Una bomba “fat man” simile a quelle sganciate sul Giappone – Museo USAF
Il mistero dell’obiettivo
Quale città sarebbe stata l’obiettivo di questa terza bomba atomica? Le speculazioni abbondano, ma su questo punto non ci sono informazioni ufficiali. Tokyo è improbabile, dato che gli Stati Uniti stavano negoziando con il governo giapponese. Yokohama o Sapporo, relativamente poco danneggiate dai bombardamenti incendiari, erano invece concrete possibilità.
Alla luce dei fatti, comunque, considerando gli eventi precedenti, è probabile che l’obiettivo primario sarebbe stato Kokura, originariamente designata per la seconda bomba atomica ma risparmiata all’ultimo momento a causa della copertura nuvolosa. Niigata, anch’essa nella lista originale degli obiettivi atomici, potrebbe essere stata scelta come obiettivo secondario.
La resa e il destino della terza bomba atomica
Alla fine, per fortuna la terza bomba atomica si rivelò non necessaria. Nella notte del 14 agosto 1945 il gabinetto giapponese, spinto dall’imperatore, decise finalmente di accettare la resa incondizionata. Il messaggio fu inviato agli Alleati il giorno successivo, ponendo fine alla guerra.
Il nucleo di plutonio destinato alla terza bomba atomica, però, ebbe una travagliata storia a parte. Inviato a Los Alamos per esperimenti, fu protagonista di due incidenti mortali che gli valsero il soprannome di “nucleo demoniaco”. Il 21 agosto 1945, il fisico Harry Daghlian morì per esposizione alle radiazioni durante un esperimento. Pochi mesi dopo, nel maggio 1946, un incidente simile costò la vita al fisico Louis Slotin.
L’eredità della bomba mai sganciata
Il “nucleo demoniaco” fu destinato all’Operazione Crossroads nel luglio 1946, una serie di test nucleari in mare. Tuttavia, dopo i primi due test, il terzo fu cancellato. Il nucleo fu infine fuso nell’agosto 1946 e il suo plutonio incorporato in nuovi nuclei atomici.
La storia della terza bomba atomica è un capitolo poco conosciuto ma profondamente significativo della Seconda Guerra Mondiale. Rappresenta non solo la fine di un conflitto devastante, ma anche l’inizio dell’era nucleare, con tutte le sue promesse e i suoi pericoli.
Il filo che separava il mondo da un’ulteriore catastrofe nucleare era cortissimo. Le decisioni prese in quei giorni frenetici hanno plasmato non solo la fine della guerra, ma anche il corso della storia successiva. Quella bomba, mai sganciata, è l’ennesima lezione che anche a distanza di decenni non possiamo permetterci di dimenticare.
L’articolo La terza bomba atomica: un capitolo nascosto della Storia è tratto da Futuro Prossimo.
Il futuro di ieri, Guerra