Non serve un miracolo per trasformare la mobilità urbana: bastano pianificazione, costanza e collaborazione tra istituzioni. Lo dimostra il caso dell’Università di Canterbury, dove gli spostamenti in auto sono crollati grazie a un mix vincente di politiche e incentivi.
Un esempio che va studiato, che va scalato, e dal quale ritengo possiamo imparare molto. Ve ne parlo, vi va?
Mobilità urbana, la resistenza al cambiamento
Mi fa sempre sorridere (amaramente) vedere come alcuni si aggrappino al mito dell’auto necessaria. Sono gli stessi che urlano alla “dittatura green” mentre guidano SUV da due tonnellate per comprare il pane a 200 metri da casa. Chi si oppone alla mobilità sostenibile spesso diffonde fake news assurde: “le bici inquinano più delle auto”, “la città dei 15 minuti è una prigione”. Peccato che i dati reali raccontino una storia molto diversa.
L’Università di Canterbury fornisce prove concrete: solo il 38% delle persone usa ancora l’auto per raggiungere il campus, mentre il 21% si sposta in bicicletta, il 20% a piedi e il 15% in autobus. Un cambiamento radicale rispetto al passato, ottenuto senza limitare la libertà di nessuno, ma offrendo alternative valide e convenienti.
Le politiche che funzionano
Il Christchurch City Council ha investito in infrastrutture ciclistiche di qualità, come la Uni-Cycle e la Nor’West Arc. L’Environment Canterbury ha introdotto tariffe bus accessibili: 2 dollari neozelandesi per gli adulti (circa 1 euro) e 1 (circa 0,50€) per le classi agevolate. Risultato? La percentuale di studenti che considera il costo come barriera all’uso del bus è crollata dal 30% al 10%.
L’università ha implementato anche un sistema bilanciato: parcheggi a pagamento (1.000 dollari neozelandesi per il personale, 500 per gli studenti), ma anche parcheggi sicuri per le bici, stazioni di riparazione, corsi di ciclismo, docce e spogliatoi: tutto gratis. Persino il rettore paga il parcheggio: un segnale forte che dimostra come il cambiamento debba partire dall’alto.
La vera libertà di scelta
Mentre alcuni continuano a difendere il presunto “diritto divino” di inquinare le città con SUV sempre più grandi, Canterbury dimostra che la vera libertà sta nell’avere scelte reali di mobilità urbana. Non è libertà essere costretti a usare l’auto perché mancano alternative sicure ed efficienti.
Il successo del progetto neozelandese si basa su tre pilastri: politiche locali efficaci, impegno delle istituzioni e stretta collaborazione tra enti. Un approccio che fa a pugni con la narrativa tossica di chi vorrebbe le città eternamente ostaggio del traffico e dello smog, magari gridando al complotto quando si propongono zone a basse emissioni.
Mobilità urbana, il futuro da avvicinare
L’esperienza di Canterbury ci insegna che il cambiamento è possibile quando c’è volontà politica e pianificazione intelligente. Ed è un cambiamento che migliora la vita di tutti, anche di quelli che oggi (paradossalmente) lo osteggiano. Perché respirare aria pulita e vivere in città a misura d’uomo non dovrebbe essere un’utopia, ma un diritto fondamentale.
Come ha dimostrato il nostro caso studio, politiche e pianificazione coesive basate sulla ricerca, appropriate al contesto e sviluppate in collaborazione, possono davvero convincere le persone a lasciare l’auto.
La prossima volta che qualcuno vi dirà che ridurre l’uso dell’auto è impossibile o limita la libertà, raccontategli di Canterbury. E se proprio insiste nel difendere il suo “diritto” di inquinare, ricordategli che la vera mobilità urbana, di più: la vera libertà include anche quella di respirare aria pulita.
L’articolo Muoversi meglio e più liberi: smontato il mito dell’auto necessaria è tratto da Futuro Prossimo.
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