La gabbia di Faraday è qualcosa che forse avete sentito nominare, magari pensando a quelle lezioni di fisica al liceo durante le quali dormivate (non negatelo, su). Bene, ora quella stessa gabbia ha deciso di volare. Letteralmente. In Giappone, infatti, hanno appena realizzato qualcosa di inaudito: un drone che attira fulmini sfruttando la protezione offerta da una struttura metallica, proprio una gabbia di Faraday volante. Perché lo fanno? Perché possono, ovvio. Ma c’è anche dell’altro: la promessa di un futuro in cui fulmini e temporali potrebbero non essere più una minaccia incontrollabile, bensì una risorsa o, quanto meno, una minaccia gestita con un po’ più di stile e un pizzico di follia.
Faraday vola alto (letteralmente)
La gabbia di Faraday, come detto, è un classico delle lezioni di fisica del liceo, spesso raccontata con quel piglio da insegnante che riesce perfettamente a farvi dormire (ok? Vi ho fornito anche un alibi). In Giappone hanno appena deciso di risvegliarla dal sonno della teoria, lanciandola direttamente nelle tempeste tramite un drone volante. Esatto, avete letto bene: una gabbia di Faraday con le eliche.
Certo, il fisico inglese Michael Faraday probabilmente non si sarebbe aspettato una simile evoluzione. Forse si sarebbe rivoltato nella tomba vedendo la sua invenzione usata per provocare attivamente fulmini. O forse no: in fondo, l’uomo era un amante delle sfide elettrizzanti (letteralmente, giusto?).
Quando i droni provocano fulmini
In un recente esperimento, ingegneri della società giapponese NTT hanno mandato in aria un drone speciale, armato di una gabbia di Faraday volante. Obiettivo? Attirare e canalizzare fulmini, rendendo più sicure le zone particolarmente vulnerabili come aeroporti, stadi e centrali elettriche.
«L’idea è proteggere infrastrutture critiche dai fulmini con droni volanti capaci di intercettarli», affermano gli scienziati giapponesi, dimostrando una fiducia quasi arrogante nella loro invenzione.
Il drone si alza, aspetta paziente la scarica elettrica, e boom: cattura la saetta attraverso una struttura metallica che devia l’energia direttamente al suolo. Ovviamente, il drone deve sopravvivere al colpo: e, sorprendentemente, lo fa, anche se la sua gabbia protettiva è rimasta leggermente “tostata”.

Dalla tempesta alla batteria (forse)
Ma l’ambizione giapponese non si ferma qui. Perché fermarsi alla sola protezione quando si può immaginare qualcosa di ancora più ambizioso, tipo immagazzinare energia direttamente dai fulmini?
Pensate a un solo lampo: un miliardo di Joule di energia, capaci di ricaricare auto elettriche o alimentare interi quartieri per brevi periodi. Magnifico, vero? Peccato che ci siano alcune complicazioni tecniche. Captare questa energia è come cercare di riempire un bicchiere con una cascata: c’è tanta acqua, sì, ma troppo veloce e violenta per essere facilmente controllata.
Le batterie esploderebbero, i trasformatori andrebbero in fiamme e, insomma, sarebbe tutto molto poco romantico. Ma gli scienziati non demordono, perché il fascino di catturare un fulmine è troppo irresistibile per lasciar perdere.

“Droni di Faraday”: una promessa o una provocazione?
Questa impresa, al limite della follia scientifica, ci pone davanti a una domanda fondamentale: stiamo davvero diventando capaci di controllare le forze della natura, o stiamo solo giocando con il fuoco (o in questo caso con il fulmine)? Per ora il drone con la gabbia di Faraday volante è un esperimento intrigante, capace forse di risolvere seri problemi pratici. Ma attenzione: il confine tra innovazione e provocazione è molto sottile, e quando parliamo di fulmini è decisamente meglio non scottarsi.
Una cosa è certa: se Faraday potesse vedere tutto ciò, probabilmente sorriderebbe. O forse si limiterebbe a prendere appunti, chiedendosi ironicamente perché non ci avesse pensato prima lui.
L’articolo Fulmini a comando: Faraday si rivolta nella tomba (o forse no) è tratto da Futuro Prossimo.
Tecnologia, droni, fulmini, giappone