Pensate alla plastica come a un puzzle tridimensionale: ogni pezzo si incastra perfettamente con gli altri per creare una struttura solida e resistente. Ora, grazie alla chimica supramolecolare, questi pezzi possono essere progettati per separarsi quando entrano in contatto con l’acqua salata. È questo il principio alla base di una nuova generazione di plastiche che promette di risolvere uno dei problemi ambientali più pressanti del nostro tempo: l’inquinamento da microplastiche negli oceani.
La svolta supramolecolare nella plastica
La plastica tradizionale è ovunque. Nel bene e nel male, ha plasmato il nostro mondo moderno. Ma il prezzo che paghiamo per la sua praticità è altissimo: inquinamento diffuso e microplastiche che minacciano gli ecosistemi marini. Un team di ricercatori del RIKEN, l’Istituto giapponese di ricerca multidisciplinare, ha deciso di affrontare questo problema con un approccio innovativo. Hanno sviluppato una plastica supramolecolare che mantiene tutte le caratteristiche positive dei materiali tradizionali, ma con una differenza fondamentale: si dissolve completamente in acqua salata.
La ricerca, pubblicata oggi sulla rivista Science (ve la linko qui), apre nuove prospettive nella lotta all’inquinamento da plastica. Ma non illudiamoci: la vera soluzione sarebbe consumarne meno, molto meno.
Come funziona
Il segreto sta nei ponti salini, collegamenti molecolari che in alcuni casi conferiscono resistenza e flessibilità al materiale. Questi legami sono incredibilmente stabili in condizioni normali, ma si dissolvono quando entrano in contatto con gli elettroliti presenti nell’acqua di mare.I ricercatori hanno utilizzato due monomeri ionici: l’esametafosfato di sodio, un comune additivo alimentare, e vari monomeri basati su ioni guanidinio. Il processo chiave avviene durante la reticolazione1, che crea legami crociati tra le catene polimeriche, conferendo al materiale proprietà specifiche.
Quando il materiale viene immerso in acqua salata, questi legami si invertono e la struttura si destabilizza nel giro di poche ore. È come se avessimo creato un castello di sabbia che resta in piedi finché non arriva l’onda.
Chimica supramolecolare, versatilità e personalizzazione
La chimica supramolecolare permette di ottenere plastiche con diverse caratteristiche meccaniche. Si possono creare materiali duri e resistenti ai graffi, elastomeri simili al silicone, plastiche resistenti al peso o materiali flessibili a bassa resistenza alla trazione. Tutti questi materiali sono non tossici e non infiammabili, il che significa zero emissioni di CO2. Possono essere rimodellati a temperature superiori a 120°C come altre termoplastiche. I test hanno dimostrato che le proprietà meccaniche sono paragonabili o superiori a quelle delle plastiche convenzionali. È come avere una superplastica che però sa quando è il momento di sparire.
Il ciclo completo
La riciclabilità è impressionante: dopo la dissoluzione in acqua salata, è possibile recuperare il 91% dell’esametafosfato e l’82% del guanidinio sotto forma di polveri. Nel suolo, i fogli di questa nuova plastica si degradano completamente in 10 giorni.
Ma c’è di più: durante la degradazione, il materiale rilascia fosforo e azoto, agendo come un fertilizzante naturale. È un esempio perfetto di economia circolare, dove anche i “rifiuti” diventano risorse. Takuzo Aida e il suo team hanno creato qualcosa di straordinario. Ma ricordiamoci che la vera innovazione sarebbe imparare a vivere con meno plastica, non solo con una plastica migliore.
Prospettive future
Questa tecnologia apre scenari interessanti per applicazioni mediche e stampa 3D. I ricercatori hanno anche creato plastiche oceanodegradabili utilizzando polisaccaridi che formano ponti salini con monomeri di guanidinio. Ma non lasciamoci cullare dall’illusione che la tecnologia risolverà tutti i nostri problemi. La vera sfida è culturale: dobbiamo ripensare il nostro rapporto con i materiali usa e getta.
La plastica supramolecolare è un passo nella direzione giusta, ma voglio ripeterlo: il vero progresso sarà quando impareremo a vivere senza dipendere così tanto dalla plastica, di qualunque tipo essa sia.
- La reticolazione è un processo chimico in cui le molecole di un materiale, solitamente un polimero, si uniscono tra loro formando una rete tridimensionale. ︎
L’articolo Arriva la plastica supramolecolare: si dissolve nell’acqua salata è tratto da Futuro Prossimo.
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