Nelle incontaminate camere sterili della NASA, dove le navicelle spaziali vengono meticolosamente sterilizzate, un tenace batterio chiamato bacillus pumilus ha lottato e vinto contro la morte. Per essere precisi: non solo è sopravvissuto all’accurata “pulizia scientifica”, ma ha prosperato.
Gli scienziati non immaginavano che un giorno questo ostinato microbo avrebbe rivoluzionato l’industria delle creme solari. E oggi offre un nuovo livello di protezione contro i dannosi raggi del sole.
Kasthuri Venkateswaran ha scoperto il bacillus pumilus su un veicolo spaziale in una camera bianca della NASA nel 1999.
La scoperta del super-batterio
La storia inizia 25 anni fa, alle soglie del 2000, quando un ceppo di bacillus pumilus fu isolato per la prima volta nelle camere sterili della NASA. Questo ambiente, progettato per eliminare qualsiasi forma di contaminazione microbiologica, rappresenta una delle condizioni più ostili per la sopravvivenza dei batteri. Tranne lui.
Se quel batterio veniva eliminato, si determinava che quella camera sterile era il più igienizzata possibile.
Dan Lockney, NASA
Come spiega Dan Lockney, responsabile del programma di trasferimento tecnologico della NASA, è stato l’inizio di una piccola rivoluzione. Da allora, i metodi di sterilizzazione dell’agenzia spaziale americana sono migliorati di molto. In altre parole, il bacillus pumilus è diventato il metro di paragone per la pulizia degli ambienti spaziali.
Quella scoperta portò all’invio di un esemplare sulla ISS, dove gli astronauti lo appesero fuori dal laboratorio a 400 chilometri (250 miglia) sopra la Terra per vedere cosa sarebbe successo. Ebbene, quando il campione è rientrato molte spore erano ancora vive , anche dopo 18 mesi di esposizione alle radiazioni cosmiche.
Al Jet Propulsion Laboratory della NASA, gli scienziati hanno scoperto centinaia di queste piccole forme di vita resistenti mentre cercavano di pulire i veicoli spaziali prima che l’hardware andasse su altri mondi.
Un posto al sole per il bacillus pumilus
A 25 anni di distanza, ora il batterio “spaziale” ha una nuova carriera.
Un’azienda del Massachusetts ha appena iniziato a utilizzare il bacillus pumilus per la produzione di un nuovo ingrediente per la protezione solare, sfruttando la sua eccezionale resistenza ai raggi UV.
Si tratta di una svolta significativa nel campo della cura della pelle. Fino ad ora, le creme solari hanno fatto affidamento su ingredienti chimici o minerali per bloccare i raggi UV, ma nessuno di questi offriva una protezione completa e duratura. Il bacillus pumilus, con la sua capacità di sopravvivere alle condizioni più estreme, potrebbe rappresentare la chiave per una nuova generazione di prodotti solari più efficaci e sicuri. Alla faccia di chi dice che le ricerche spaziali (comprese quelle in laboratori “terrestri”) non portino a nulla.
Un alleato inaspettato contro il sole
Ma quanto è resistente, alla fine, il bacillus pumilus? Tanto. Tantissimo. Questo batterio è in grado di sopportare livelli di radiazioni che sarebbero letali per la maggior parte degli organismi viventi, grazie a un complesso sistema di riparazione del DNA e a una spessa parete cellulare che agisce come una sorta di armatura naturale.
Caratteristiche uniche, che lo rendono candidato ideale. Incorporando estratti o componenti di questo batterio nelle formulazioni, i ricercatori contano di produrre creme solari con una protezione più completa e duratura, riducendo al contempo il rischio di effetti collaterali.
Sono già in corso ricerche per l’applicazione anche in altri prodotti del campo cosmetico e farmaceutico.
L’articolo Bacillus Pumilus: da un batterio “spaziale” la miglior protezione solare è tratto da Futuro Prossimo.
Medicina, Spazio, batteri