Non so se mi disgusta di più l’idea dei corpoidi o il fatto che una parte di me ne capisce la necessità. Immaginate un corpo umano completo, vivo, che respira: ma vuoto all’interno, privo di coscienza e sensibilità. Un involucro di carne e ossa costruito per essere smontato pezzo per pezzo, organo dopo organo. Il MIT Technology Review ha appena pubblicato un articolo (se potete leggetelo, è illuminante) in cui tre scienziati argomentano come questa inquietante prospettiva sia non solo possibile, ma imminente. I corpoidi, sostengono, potrebbero essere la risposta alla drammatica carenza di organi per trapianti. Una soluzione che fa un po’ senso, ma che potrebbe salvare migliaia di vite ogni anno. Creare corpi umani che esistono solo come riserva di parti di ricambio: un’idea che sembra uscita dai peggiori incubi della fantascienza, eppure siamo già sulla strada per realizzarla.
Una crisi silenziosa di vite in attesa
L’urgenza dietro questa proposta quasi distopica è tangibile e ha numeri precisi. In Italia, circa 8000 pazienti sono in attesa di trapianto. Negli Stati Uniti più di 100.000 persone languono in liste diverse, con 17 di loro che muoiono ogni maledetto giorno. È una lenta emorragia di vite che si spengono nell’attesa di un organo compatibile.
Gli autori dell’articolo sostengono che i corpoidi potrebbero risolvere questo problema diventando una fonte inesauribile di organi perfettamente umani. Fin qui, tutto va relativamente bene. C’è un particolare, però, che mi ha turbato. Secondo gli autori, quand’anche questi corpi fossero davvero incapaci di pensare o sentire dolore, il loro utilizzo non supererebbe comunque “i limiti etici della maggior parte delle persone”. Personalmente, non ho capito esattamente di quali limiti si parla, e se devo dirla tutta nemmeno ne sarei così sicuro.
Le alternative ai corpoidi già in sviluppo
La scienza, va detto, sta già esplorando altre strade meno controverse. Una è rappresentata dagli organi di animali geneticamente modificati. Gli xenotrapianti (trapianti da animale a uomo) tradizionali falliscono rapidamente perché il nostro sistema immunitario li riconosce come “estranei”, ma diverse aziende stanno creando maiali con modifiche genetiche che rendono i loro organi più accettabili per i corpi umani.
I risultati finora sono stati alterni. David Bennett Sr. fu il primo a ricevere un cuore suino geneticamente modificato nel 2022, e Richard Slayman il primo per un rene all’inizio del 2024. Purtroppo entrambi sono morti circa due mesi dopo l’intervento.
C’è però anche una storia di successo: Towana Looney, la terza persona a ricevere un rene di maiale modificato, sta andando molto meglio dopo l’intervento del novembre scorso. “Sono piena di energia. Ho un appetito che non avevo da otto anni”, ha dichiarato. “Posso mettere la mano su questo rene e sentirlo vibrare”. È tornata a casa a febbraio.
La frontiera degli embrioni sintetici
Ancora più vicino al concetto di corpoidi è l’approccio di aziende come Renewal Bio, una biotech israeliana che spera di far crescere “versioni in fase embrionale di persone” per ottenere organi sostitutivi. La loro ricerca si basa sui progressi nello sviluppo di “embrioni sintetici”. Gli embrioni tradizionali nascono dall’unione di un ovulo e uno spermatozoo, ma gli scienziati stanno sviluppando metodi per crearli usando cellule staminali che, nelle giuste condizioni, possono dividersi in strutture molto simili a un embrione tipico.
Gli scienziati non sanno ancora quanto potranno svilupparsi queste strutture simil-embrionali. Ma le stanno già utilizzando per cercare di ingravidare mucche e scimmie.
L’esistenza stessa di questi embrioni sintetici sta mettendo in discussione la nostra comprensione di cosa sia un embrione umano. “È qualcosa che viene generato solo dalla fusione di uno spermatozoo e un ovulo?”, si chiede Naomi Moris, biologa dello sviluppo presso il Crick Institute di Londra. “O ha a che fare con i tipi di cellule che possiede, o con la forma della struttura?”. Bella domanda. E non è la sola che sorge in mente.

Corpoidi per velocizzare la ricerca, ma a quale costo?
Gli autori dell’articolo sul MIT Technology Review sottolineano anche che i corpoidi potrebbero accelerare la ricerca scientifica e medica.
Attualmente, la maggior parte della ricerca sui farmaci deve essere condotta su animali da laboratorio prima che possano iniziare i trial clinici. Ma gli animali non umani potrebbero non rispondere allo stesso modo degli esseri umani, e la stragrande maggioranza dei trattamenti che sembrano promettenti nei topi falliscono negli umani. Una ricerca che per tanti rappresenta uno spreco di vite animali e di tempo.
Personalmente, riconosco in taluni casi la necessità di questa ricerca, ma preferirei altre soluzioni a cui gli scienziati stanno lavorando, come gli organoidi. Veri e propri “organi su chip”, minuscole collezioni di cellule organizzate su un piccolo pezzo di polimero che possono somigliare a organi completi. O ancora i gemelli digitali di organi umani. Entrambi questi approcci mi sembrano in qualche modo più accettabili che condurre esperimenti su un essere umano creato senza la capacità di pensare o sentire dolore. Poi, come dice quel famoso meme, “change my mind”. Magari nei commenti ai canali social su Futuro Prossimo.
L’articolo Corpoidi, un futuro di “pezzi di ricambio” da corpi senza coscienza? è tratto da Futuro Prossimo.
Tecnologia