C’era un tempo in cui le strade risuonavano di proteste e le piazze si riempivano di speranza. Oggi, in un’era di apparente apatia, l’attivismo fa molta, troppa fatica ad assumere nuove forme. È il momento di riscoprire il potere della voce collettiva.
Il ronzio del silenzio
Alzi la mano chi si ricorda l’ultima volta che ha visto una protesta di massa organizzata, compatta, continuativa e non violenta. No, non vale quella che avete visto su TikTok. Parlo di quelle vere, con gente che urla slogan e sventola cartelli fatti a mano.
Strano, vero? Il mondo sta andando a rotoli, ma sembra che sempre meno persone abbiano voglia di alzare la voce, e quelle sempre meno persone si agitano troppo e male per guadagnare attenzione. Forse stiamo solo sussurrando nelle nostre echo chamber digitali.
L’attivismo in pantofole
Benvenuti nell’era del click-tivismo. Dove salvare il mondo è facile come mettere un like. Comodo, no? Si può fare la rivoluzione mentre sei sul divano in pigiama. C’è solo un piccolissimo problema: confondere il rumore digitale con l’azione reale. Un po’ come pensare di essere un atleta perché hai scaricato un’app per il fitness.
Il cambiamento climatico ci sta cuocendo a fuoco lento, l’IA minaccia di rubarci il lavoro, la libertà di espressione è sotto attacco, non c’è posto sulla Terra dove non ci sia esibizione di intolleranza, guerra e disprezzo della dignità umana, e noi cosa facciamo? Discutiamo su quale emoji usare per esprimere indignazione. Ma ehi, almeno siamo multitasking nelle nostre battaglie, no? Combattiamo su tutti i fronti: ambientale, sociale, economico, scientifico. Peccato che spesso lo facciamo solo a parole. Ma non tutto è perduto, forse.
Il risveglio dei dormienti
Ogni tanto, come un orso che esce dal letargo, la coscienza collettiva si sveglia. Penso a movimenti come Fridays for Future: cose che ci ricordano quello che sottovalutiamo. Sì, i giovani sanno fare altro oltre a ballare su TikTok. Chi l’avrebbe mai detto? E allora perché sono ancora così pochi?
Perché siamo stati allevati per essere consumatori perfetti. Dalla mia Generazione X in poi è diventato tutto un compra, usa, getta, ripeti. Un ciclo perfetto… per distruggere il pianeta. Che ne dite di provare qualcosa di nuovo? Tipo, non so, pensare prima di comprare? Eroico, lo so.
Epoure, non dobbiamo aspettare supereroi. Beh, grazie al cielo, perché l’ultima volta che ho controllato, Spider-Man non era disponibile per salvare il pianeta. Tocca a noi, comuni mortali. Che ne dite di diventare un attivista part-time? Tra un aperitivo e l’altro, potreste anche salvare il mondo.
Il futuro dell’attivismo è… beh, complicato
Siamo all’inizio del più grande sconvolgimento della storia umana? Forse. O forse è solo domenica. Ma invece di aspettare che qualcun altro risolva i problemi, che ne dite di darci da fare? L’attivismo del futuro potrebbe essere proprio questo: milioni di persone che fanno piccole azioni ogni giorno. Una specie di enorme flashmob per salvare il pianeta.
Il mondo non si salverà da solo. E no, non basta cambiare l’immagine del profilo su Facebook. Non dico, come diceva qualcuno molto più saggio di me, “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”. Ma almeno, smettiamo di essere parte del problema.
Il futuro dell’attivismo è nelle nostre mani. Letteralmente. Probabilmente starete leggendo questo su uno smartphone, pronti a scrollare oltre. La domanda è: userete questo dispositivo per fare la differenza o per guardare l’ennesimo video di gattini?
L’articolo Da consumatori a cittadini: serve la fine dell’attivismo in pantofole è tratto da Futuro Prossimo.
Società, riflessioni