Dalla quantità alla qualità: idee per un nuovo modello di social network Futuro Prossimo

Dalla quantità alla qualità: idee per un nuovo modello di social network Futuro Prossimo

La domanda è provocatoria ma legittima. Ed è la seguente: i social network come li conosciamo oggi sono destinati a esacerbare la disinformazione, la polarizzazione e la dipendenza digitale delle nuove generazioni, o possono ancora evolvere in un futuro diverso e migliore?

Se guardiamo alle piattaforme dominanti, da Facebook a Instagram fino a TikTok, il quadro non sembra roseo. Algoritmi che privilegiano l’engagement a tutti i costi, spesso premiando contenuti sensazionalistici e divisivi. Feed bombardati da spam e contenuti palesemente falsi; meccanismi che spingono a un consumo compulsivo e acritico di post e video.

Forse, però, non tutto è perduto. Forse, ragionando fuori dagli schemi e dai modelli di business consolidati, possiamo provare a immaginare dei social network alternativi, in cui la quantità lasci spazio alla qualità, l’indignazione al pensiero critico, la frenesia alla cura delle relazioni. Utopia? No. Protopia. Non sono sogni, sono idee.

Il “brain rot” nell’era dei social: un fenomeno da non sottovalutare

Le piattaforme di social network più popolari per i giovani dai 12 ai 27 anni (fonti: SpotifyDemandsageSocial Champ)

Partiamo da un dato di fatto: l’impatto dei social network sulla salute mentale delle nuove generazioni è sempre più al centro del dibattito pubblico e delle preoccupazioni di esperti, educatori e genitori. Gli effetti di questa iperconnessione? Tutt’altro che positivi. Da un lato, l’esposizione costante a contenuti non verificati, input ansiogeni e teorie cospirative rischia di minare la capacità di distinguere il vero dal falso e di sviluppare un pensiero critico autonomo. Dall’altro, la ricerca spasmodica di like e follower può generare ansia, insicurezza e una vera e propria dipendenza, con conseguenze sulla salute mentale e sulle relazioni sociali.

Non a caso, si parla sempre più spesso di “brain rot” (letteralmente, “marcescenza del cervello”) per descrivere questa erosione delle facoltà cognitive e relazionali legata a un uso eccessivo e acritico dei social. Le nuove generazioni, nate e cresciute nell’era dei social, sono particolarmente vulnerabili a queste dinamiche. Lo sono perché incidono proprio nel momento in cui si formano i loro valori, le loro opinioni e la loro visione del mondo.

Ripensare i social network: alcune idee e princìpi guida

Di fronte a questo scenario, è facile cedere al pessimismo o alla tentazione di demonizzare i social media in quanto tali. Ma forse dovremmo sforzarci di essere più costruttivi e visionari: e se il problema non fossero i social in sé, ma il modo in cui sono stati concepiti e si sono evoluti fino ad oggi? E se fosse possibile ripensarli radicalmente, per farne degli strumenti di connessione e arricchimento reciproco anziché di alienazione e impoverimento intellettuale?

Proviamo a immaginare alcuni princìpi guida per dei social network alternativi. Ho messo a terra due note su come vedrei piattaforme capaci di coniugare il potenziale di connessione della rete con l’esigenza di tutelare il benessere psicologico e la crescita cognitiva degli utenti. Segnalatemi le vostre idee sui canali di Futuro Prossimo!

Dalla quantità alla qualità.

Anziché rincorrere metriche di engagement fini a sé stesse (visualizzazioni, like ecc.), i nuovi social network dovrebbero premiare la qualità dei contenuti e delle interazioni, favorendo post ragionati, dibattiti costruttivi, fonti verificate. Perché non pensare a meccanismi di feedback più sofisticati, che valorizzino l’originalità del pensiero e la profondità dell’argomentazione? Gli strumenti AI di analisi del testo ci sono già. I nostri contenuti servono ad addestrare questi modelli, dateci qualcosa in cambio.

Dalla velocità alla lentezza.

Contro la tirannia del “tutto e subito”, servirebbe riscoprire il valore della lentezza, della riflessione, del confronto pacato. Magari introducendo limiti alla frequenza di pubblicazione, o “stanze di decompressione” in cui potersi disconnettere dall’ansia delle notifiche. L’obiettivo dovrebbe essere coltivare relazioni autentiche, non massimizzare il tempo speso online.

Dall’algoritmo alla serendipità.

Gli algoritmi che governano i social network attuali tendono a creare bolle ed echo chamber. In pratica, ci espongono a contenuti sempre più polarizzanti e omogenei, rendendoci sempre più intolleranti e inabili al confronto e alla conversazione. E se provassimo invece a introdurre elementi di serendipità e scoperta casuale, facendoci incontrare punti di vista diversi e inattesi? Perché il bello della rete dovrebbe essere proprio la possibilità di uscire dalla nostra comfort zone cognitiva.

Dall’anonimato alla responsabilità.

Uno dei grandi problemi dei social network è il senso di impunità legato all’anonimato o all’uso di profili falsi, che spesso sfocia in hate speech e comportamenti tossici. Non è un caso che la piattaforma meno “conflittuale” sia LinkedIn, dove ciascuno è presente con i suoi connotati. Perché non immaginare forme di moderazione e accountability più efficaci, che responsabilizzino gli utenti sulle conseguenze delle loro azioni online? Anche senza rinunciare alla privacy, comunque, si potrebbero studiare meccanismi di reputazione e autoregolamentazione delle community.

Il social network che vogliamo passa per le idee che abbiamo. SE ne abbiamo.

I miei sono solo alcuni spunti, certamente non esaustivi né risolutivi. Ma tutti abbiamo la possibilità di pensare fuori dagli schemi, di mettere in discussione le logiche date per scontate dei social network attuali. Bisogna ripensare modelli di business consolidati, superare resistenze e interessi costituiti, affrontare nodi tecnologici e normativi non banali. Serve uno sforzo corale di innovatori, policy makers, educatori, cittadini. Ne vale la pena, perché la posta in gioco è alta.

Attenzione, però. Non bastano soluzioni solo tecniche o regolatorie. Serve un nuovo “contratto sociale digitale”, in cui ciascuno si assuma tre responsabilità. Quali? Primo, coltivare uno sguardo critico. Secondo, privilegiare la qualità delle relazioni e delle informazioni. Terzo, anteporre l’interesse collettivo alle pulsioni individuali.

Se oggi i social network sembrano favorire la superficialità e la polarizzazione, è anche perché in qualche modo noi glielo permettiamo, cedendo alla tentazione del clamore o del conformismo. Siamo capaci di reagire?

Lo so, non ci sono ricette facili. Ma non possiamo permetterci di non provarci.

L’articolo Dalla quantità alla qualità: idee per un nuovo modello di social network è tratto da Futuro Prossimo.

Tecnologia, Social network 

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