In tema di energia, poche decisioni hanno sconcertato gli osservatori esterni quanto l’addio della Germania al nucleare ancor prima che al carbone. Di fronte all’urgenza del cambiamento climatico e alla crisi energetica scatenata dal conflitto in Ucraina, la mossa di Berlino di abbandonare l’atomo prima delle fonti fossili ha attirato non poche critiche. Ma per comprenderla, bisogna immergersi negli sviluppi socio-politici della Germania del dopoguerra, dove l’anti-nuclearismo ha preceduto (e di parecchio, anche) il discorso pubblico sul clima.
Le radici del movimento anti-nucleare tedesco
L’opposizione al nucleare in Germania affonda le sue radici negli anni ’70, ben prima del disastro di Chernobyl del 1986. Già nel 1971, un bestseller della Germania Ovest evocativamente intitolato “Pacificamente verso la catastrofe: una documentazione delle centrali nucleari” aveva attirato l’attenzione nazionale sul tema. Enormi proteste di centinaia di migliaia di persone (inclusa la più grande manifestazione mai vista nella capitale della Germania Ovest, Bonn) avevano reso il movimento anti-nucleare una forza politica di primo piano.
Le motivazioni di questo movimento? Tante. Quante ne volete? Sfiducia nella tecnocrazia, timori ecologici, ambientali e di sicurezza, sospetti che l’energia nucleare potesse favorire la proliferazione delle armi atomiche. In generale, totale opposizione alla concentrazione del potere (un sentimento che in Germania è più che comprensibile).
Rinnovabili “politiche”
Nel contrasto al nucleare gli attivisti tedeschi sostenevano alternative rinnovabili come il solare e l’eolico abbracciando la loro promessa di maggiore autosufficienza, partecipazione comunitaria e empowerment dei cittadini (“democrazia energetica”).
Un sostegno alle rinnovabili, in sostanza, meno legato alla riduzione della CO2 e più orientato a resettare le relazioni di potere. Le energie alternative sarebbero state la strada verso una generazione decentralizzata e dal basso verso l’alto piuttosto che una produzione e distribuzione dall’alto verso il basso. La strada verso la protezione degli ecosistemi locali e la promozione della pace (importante nel contesto della guerra fredda).
Una manifestazione, lo scorso anno, che celebrava la chiusura delle ultime 3 centrali tedesche.
La nascita di un blocco
Il movimento anti-nucleare tedesco, lo avrete capito, diventò uno zoccolo duro fondamentale per la creazione del Partito Verde tedesco (oggi il più influente al mondo) emerso nel 1980 e entrato per la prima volta nel governo nazionale dal 1998 al 2005 come partner di minoranza dei socialdemocratici.
La coalizione “rosso-verde” è quella che ha vietato la costruzione di nuovi reattori, annunciato la chiusura di quelli esistenti entro il 2022 e approvato una serie di leggi a sostegno delle energie rinnovabili.
Un impulso che, a sua volta, ha dato una spinta al boom nazionale delle rinnovabili, che sono balzate dal 6,3% del consumo interno lordo di elettricità nel 2000 al 51,8% nel 2023. Cifre ancora più notevoli se si considera il contributo dei cittadini, che nel 2019 possedevano ben il 40,4% (e oltre il 50% nei primi anni di quel decennio) della capacità totale installata di generazione di energia rinnovabile in Germania. Cooperative eoliche comunitarie, impianti di biogas agricoli, fotovoltaico sui tetti delle case: i tedeschi sono stati determinatissimi.
La transizione tedesca
A differenza delle più recenti transizioni energetiche di altri paesi, volte a raggiungere obiettivi di zero emissioni nette utilizzando qualsiasi tecnologia a basse emissioni di carbonio disponibile, la famosa “Energiewende” tedesca ha cercato fin dall’inizio di allontanarsi sia dalle fonti ad alta intensità di carbonio che da quelle nucleari verso alternative prevalentemente rinnovabili.
Non a caso, il libro a cui si attribuisce il merito di aver coniato il termine Energiewende (per l’appunto: “transizione energetica”) era datato 1980. E si intitolava significativamente “Energie-Wende: crescita e prosperità senza petrolio e uranio” ed era pubblicato da un think tank fondato… da attivisti anti-nucleari.
Con molta chiarezza: “Ambiente” in Germania significa anzitutto “niente nucleare”. Ed è una questione culturale. Punto.
Un addio senza rimpianti?
Nonostante alcune proteste pubbliche contrarie (il principale partito di opposizione, la CDU, ha dichiarato a gennaio che la Germania “non può fare a meno dell’opzione nucleare al momento”), in privato pochi leader politici pensano che il paese invertirà o potrà realisticamente invertire la rotta.
Parlare di reintrodurre il nucleare in Germania è “illusorio” anche per gli addetti ai lavori. Gli investitori preferirebbero mettere i loro soldi in investimenti più sicuri: ci vorrebbero decenni per costruire nuove centrali nucleari e a detta di qualcuno l’elettricità non è più il settore preoccupante, dato il rapido sviluppo delle rinnovabili. L’attenzione, semmai, si è spostata sul riscaldamento e i trasporti.
Nel frattempo, le previsioni secondo cui l’uscita dal nucleare avrebbe costretto la Germania a utilizzare più carbone e ad affrontare aumenti dei prezzi e problemi di approvvigionamento non si sono avverate. E questo è un fatto.
L’energia nucleare tedesca (viola) è stata in gran parte sostituita dalle energie rinnovabili (giallo), non dal carbone (nero e marrone).
Nel marzo 2023 (un mese prima dello spegnimento) la distribuzione della generazione di elettricità tedesca era per il 53% rinnovabile, per il 25% a carbone, per il 17% a gas e per il 5% nucleare. Nel marzo 2024, era per il 60% rinnovabile, per il 24% a carbone e per il 16% a gas.
C’è anche un altro fatto, però. Ed è la riduzione della produzione industriale tedesca: un “impoverimento” in cui l’abbandono del nucleare potrebbe aver giocato un ruolo importante, come ipotizza in questo post l’avvocato dell’atomo.
Nucleare in Germania: chi vivrà vedrà
L’ultimo anno, comunque, ha visto una produzione record di energia rinnovabile a livello nazionale. Un minimo di 60 anni nell’uso del carbone e la chiusura di 15 centrali, consistenti tagli alle emissioni e prezzi dell’energia in calo.
Il settore energetico del paese, a quanto pare è già andato avanti. Nelle parole di un osservatore dell’industria: “Una volta spente queste centrali nucleari, sono fuori”. E non c’è un modo facile per tornare indietro.
Nel bene o nel male, questa tecnologia (almeno nella sua forma attuale) qui è morta e sepolta. E molti tedeschi, fino a prova elettorale contraria, non ne sentiranno la mancanza.
L’articolo Germania, un anno fa l’addio al nucleare: perché non torneranno indietro è tratto da Futuro Prossimo.
Energia, germania, nucleare