Vi sarà capitato, almeno una volta nella vita, di fantasticare sul viaggio nel tempo. Magari per curiosare nell’antica Roma o per sbirciare tra i dinosauri. Per qualche scienziato accreditato sarebbe anche possibile, ma è un’altra storia, e oggi parliamo d’altro. C’è un gruppo di astronomi che è andato molto vicino a un viaggio nel tempo, usando l’Atacama Cosmology Telescope per guardare indietro fino a un’epoca in cui l’universo era appena nato.
Un’impresa che potremmo definire pazzesca, se non fosse per il fatto che è reale. Pensate: stiamo parlando del 99,99% della storia del cosmo, quando tutto ciò che esiste oggi era ancora un progetto in divenire.
Atacama, un salto temporale senza precedenti
L’Atacama ha realizzato qualcosa di straordinario: osservare la luce emessa appena 380.000 anni dopo il Big Bang. Per darvi un’idea della portata di questa osservazione, stiamo parlando di un’epoca in cui l’universo era ancora un infante cosmico, mentre altri telescopi si erano fermati a “soli” pochi milioni di anni dopo l’evento iniziale.
Quello che rende questa impresa ancora più notevole è la qualità delle immagini ottenute. Niente macchie sfocate o vaghe interpretazioni, ma le più nitide immagini mai catturate della radiazione cosmica di fondo (CMB). Questo tipo di osservazione è possibile grazie alle ottiche avanzate dell’Atacama, capaci di rilevare la luce a lunghezze d’onda millimetriche con una precisione mai vista prima.
E pensare che tutto questo avviene mentre noi siamo qui, sulla Terra, a preoccuparci di cose stupide e miserabili, come le guerre. L’universo ci sta letteralmente mostrando i suoi primi vagiti, e tanti di noi ascoltano i deliri di pochi folli.
La tensione di Hubble e il modello standard
La cosmologia moderna è un po’ come una soap opera scientifica: ci sono tensioni, disaccordi e una continua ricerca di risposte. Al centro di questa trama c’è la famosa “Tensione di Hubble“, un disaccordo tra le diverse misurazioni del tasso di espansione dell’universo, che ha tormentato gli astronomi per anni.
Con i nuovi dati dell’Atacama, il team di ricerca sperava di trovare qualche indizio che potesse risolvere questa controversia. Invece, hanno ottenuto risultati che sostengono il modello cosmologico standard, alimentando ulteriormente il mistero. Come ha detto Adriaan Duivenvoorden, ricercatore del Max Planck Institute for Astrophysics:
Abbiamo preso questa misura completamente nuova del cielo, dandoci un controllo indipendente del modello cosmologico, e i nostri risultati mostrano che regge.
La cosa più sorprendente, però, è che il team si aspettava di trovare almeno qualche evidenza parziale di fisica esotica o particelle che potessero spiegare la base della tensione. Ma, come ha ammesso Staggs, queste evidenze “semplicemente non c’erano nei dati”. È come cercare un colpevole per un crimine e scoprire che tutti gli indiziati hanno un alibi solido. Frustrante, ma affascinante.

Un biglietto per la nascita dell’universo
L’Atacama, comunque, non si è limitato a guardare indietro nel tempo: ha praticamente comprato un biglietto per assistere alla nascita dell’universo. I risultati dello studio confermano con incredibile precisione l’età del nostro universo: 13,8 miliardi di anni, con un margine di errore di appena lo 0,1%. È come se riuscissimo a determinare la data di nascita di qualcuno vissuto migliaia di anni fa con lo scarto di qualche ora.
Ancora più affascinante è la conferma che tutto l’elio presente nell’universo si è formato nei primi tre minuti dopo il Big Bang. Come ha spiegato Thibaut Louis, ricercatore al CNRS:
Le nostre nuove misurazioni della sua abbondanza concordano molto bene con i modelli teorici e con le osservazioni nelle galassie.
Mi sembra incredibile pensare che in quei primi 180 secondi cosmici si sia deciso gran parte del destino chimico dell’universo. È come se la ricetta dell’universo fosse stata scritta in fretta e furia, ma con una precisione tale da reggere per miliardi di anni. O come se fosse, magari, la replicazione di una ricetta già applicata più e più volte, ma anche questa è un’altra storia.
Atacama, guardare al passato per capire il presente
Per me che sono da sempre attratto dagli (apparentemente) opposti, scienza e poesia, il maggior potere di questa ricerca è metaforico: guardare così indietro nel tempo ci aiuta a capire meglio il presente. Come ha elegantemente sintetizzato Jo Dunkley, professoressa di Fisica e Scienze Astrofisiche a Princeton:
Guardando indietro a quel tempo in cui le cose erano molto più semplici, possiamo ricostruire la storia di come il nostro universo si è evoluto fino al luogo ricco e complesso in cui ci troviamo oggi.
C’è qualcosa di profondamente poetico in questo approccio. È come se l’universo fosse un libro che stiamo leggendo al contrario, partendo dal capitolo finale (il presente) e cercando di arrivare al prologo (il Big Bang). Ammesso che ci sia stato un solo prologo, e questa è ancora un’altra storia.
I risultati non sono ancora stati sottoposti a revisione paritaria, ma sono stati presentati alla conferenza annuale dell’American Physical Society il 19 marzo. E noi, minuscoli abitanti di questo vasto cosmo, continuiamo a guardare le stelle, cercando di leggere la nostra storia nell’antica luce che ci raggiunge attraverso l’immensità del tempo.
Portaci lontano, Atacama.
L’articolo I prodigi di Atacama, il telescopio che “va” indietro nel tempo è tratto da Futuro Prossimo.
Spazio, telescopio