In un mondo in cui il numero di persone con demenza è in rapido aumento e la carenza di operatori sanitari si fa sempre più acuta, sta emergendo un alleato improbabile: i robot caregivers. Dai cani robotici che offrono conforto e compagnia ai sistemi di intelligenza artificiale avanzati in grado di intrattenere conversazioni e giochi, queste tecnologie stanno mostrando promesse nell’arricchire la vita di coloro che soffrono di disturbi cognitivi.
Con la crescita del campo dell’assistenza robotica, però, crescono anche le ovvie questioni etiche che circondano la privacy, la responsabilità sociale e il ruolo delle macchine nel fornire connessioni umane. Esploriamo?
Una risposta alla crescente domanda di assistenza
Da qui al 2030 il numero di persone affette da demenza potrebbe addirittura triplicare secondo uno studio. Quanti milioni di operatori sanitari serviranno? È un gigantesco divario tra domanda e offerta di lavoro. Per questo i robot emergono come una potenziale soluzione, e ce ne sono sempre di nuovi.
Golden Pup.
Ad esempio, sofisticati “animali” da compagnia come la costosa foca robotica Paro, o a buon mercato come il Golden Pup, un cagnolino robotico che scodinzola e abbaia. O ancora sofisticati sistemi di intelligenza artificiale come il QT, un robot alto 60 centimetri in grado di intrattenere conversazioni e giocare, adattandosi alle preferenze e alle esigenze dell’utente. Questi robot possono offrire stimolazione cognitiva, ridurre l’ansia e l’agitazione, e fornire un senso di connessione e appartenenza. In una parola: caregivers.
Vantaggi unici rispetto agli operatori umani
I robot caregivers presentano alcuni vantaggi unici rispetto agli operatori umani nell’assistenza alle persone con demenza. Non si stancano, non si irritano quando devono ripetere le cose, non si stressano. Possono fornire un’attenzione costante e personalizzata, imparando le preferenze e le abitudini dell’utente.
Inoltre, con il progredire dei modelli di linguaggio come GPT-4, le conversazioni con i robot diventano sempre più fluide e naturali, aprendo nuove possibilità di interazione e arricchimento. Gli esempi sono sempre più numerosi e fanno riflettere.
Paro
Robot Caregivers, gli inevitabili dubbi etici
Alcuni vedono nei robot per l’assistenza ai fragili un’abdicazione delle nostre responsabilità sociali, una sorta di “delega” della cura dei più vulnerabili alle macchine. C’è il rischio che i robot caregivers vengano usati come sostituti dell’interazione umana, piuttosto che come integrazione ad essa.
Ancora, i robot più avanzati raccolgono una grande quantità di dati sulle persone che assistono, e questo comporta preoccupazioni sulla privacy e sulla sicurezza di queste informazioni.
Per questo, l’impiego dei robot nell’assistenza alla demenza richiede quindi un approccio attento e multidisciplinare, che coinvolga non solo i progettisti e i produttori di queste tecnologie, ma anche eticisti, operatori sanitari, pazienti e familiari. Servono linee guida etiche e regolamentazioni che garantiscano un uso responsabile e centrato sulla persona di queste tecnologie. Allo stesso tempo, è importante promuovere la ricerca per valutare l’efficacia e l’impatto dei caregivers robot sull’assistenza alla demenza, sia a livello individuale che sistemico.
Un futuro da scrivere insieme
La rivoluzione robotica nell’assistenza alla demenza è appena iniziata, e il suo futuro è ancora tutto da scrivere. Attraverso un dialogo aperto e inclusivo tra tutte le parti interessate potremo plasmare questo futuro in modo etico e centrato sull’umano.
Perché in fin dei conti, l’obiettivo ultimo dell’assistenza, con o senza robot caregivers, deve sempre essere la dignità, il benessere e la qualità della vita delle persone che hanno problemi.
L’articolo I robot come caregivers per pazienti con demenza? Pro, contro e dubbi etici è tratto da Futuro Prossimo.
Robotica, assistenza sanitaria