Il rapporto preliminare realizzato dall’Arpae sulle recenti alluvioni in Emilia Romagna1 riporta drammaticamente alla ribalta il “nuovo” fenomeno che si agita nelle profondità del Mediterraneo, qualcosa che sta sfidando le nostre certezze sul clima di questo antico mare. Il ciclone tropicale mediterraneo, un tempo considerato un’anomalia rara, sta diventando una realtà sempre più tangibile e preoccupante. Il fenomeno, che unisce la ferocia dei cicloni tropicali alla complessità dei sistemi meteorologici mediterranei, sta attirando l’attenzione di scienziati e comunità costiere. Ma come nasce un ciclone tropicale mediterraneo? E cosa ci dice sul cambiamento climatico in corso? Entriamo nel vortice di questa “nuova” tempesta, dove la scienza si scontra con l’imprevedibilità della natura in evoluzione.
L’enigma del ciclone tropicale mediterraneo
Il Mediterraneo, bacino semi-chiuso incastonato tra tre continenti, ha sempre avuto un carattere meteorologico unico. Ma negli ultimi decenni, qualcosa è cambiato. I cicloni tropicali mediterranei, noti anche come “medicanes” (Mediterranean hurricanes), stanno emergendo come una nuova sfida climatica. Questi sistemi ibridi combinano caratteristiche dei cicloni tropicali e delle depressioni extratropicali, creando un fenomeno meteorologico senza precedenti in questa regione.
La nascita di un ciclone tropicale mediterraneo è un processo complesso e affascinante. Tutto inizia quando una massa d’aria fredda in quota si posiziona sopra le acque relativamente calde del Mediterraneo. Questo contrasto termico crea instabilità, favorendo lo sviluppo di intense correnti convettive. Se le condizioni sono favorevoli, il sistema può assumere una struttura simile a quella di un ciclone tropicale, con un occhio al centro circondato da bande di precipitazioni intense.
Ci sono voluti anni di osservazioni e studi per comprendere appieno questo fenomeno. Ricercatori francesi ed italiano hanno giocato un ruolo chiave in questa scoperta. Le loro ricerche, pubblicate sulle maggiori riviste scientifiche, hanno gettato luce su questi eventi estremi evidenziando come il cambiamento climatico stia alterando la dinamica atmosferica del Mediterraneo.
Il ruolo del cambiamento climatico
Il riscaldamento globale sta giocando un ruolo cruciale nell’evoluzione dei cicloni tropicali mediterranei. Con l’aumento delle temperature superficiali del mare, il Mediterraneo sta diventando un ambiente sempre più favorevole allo sviluppo di questi sistemi.
Il Mediterraneo si sta riscaldando a un ritmo 20% più veloce rispetto alla media globale. Questo crea condizioni sempre più simili a quelle dei mari tropicali, favorendo lo sviluppo di fenomeni estremi come i medicanes.
Le proiezioni climatiche suggeriscono che, sebbene la frequenza dei cicloni tropicali mediterranei potrebbe diminuire in futuro, la loro intensità potrebbe aumentare. Questo scenario pone sfide significative per le regioni costiere del Mediterraneo, che potrebbero trovarsi ad affrontare eventi meteorologici sempre più violenti.
Anatomia di una tempesta mediterranea
Come si forma esattamente un ciclone tropicale mediterraneo? Il processo è un delicato balletto di fattori atmosferici e oceanici. Tutto inizia con una depressione extratropicale che si sposta sul Mediterraneo. Se incontra acque sufficientemente calde (generalmente sopra i 26°C) e trova condizioni atmosferiche favorevoli in quota, può iniziare a sviluppare caratteristiche tropicali.
Il prof. Silvio Gualdi dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia spiega: “Il processo di ‘tropicalizzazione’ può durare da poche ore a diversi giorni. Durante questo periodo, il sistema sviluppa un nucleo caldo e inizia a estrarre energia dal mare, proprio come un uragano tropicale”. Man mano che il sistema si intensifica, sviluppa una struttura a occhio, circondata da intense bande di precipitazioni. I venti possono raggiungere velocità da uragano, anche se generalmente su un’area più limitata rispetto ai cicloni tropicali classici. La dimensione ridotta di questi sistemi, tuttavia, non ne diminuisce la pericolosità.
Ciclone tropicale mediterraneo Qendresa, nell’anno 2014. Con i cambiamenti climatici in corso, eventi del genere sono destinati a moltiplicarsi.
Ciclone tropicale mediterraneo, l’impatto sulle coste
L’arrivo di un ciclone tropicale mediterraneo può avere conseguenze devastanti per le aree costiere. Le intense precipitazioni possono causare alluvioni lampo, mentre i forti venti e le onde alte possono provocare erosione costiera e danni alle infrastrutture.
Il ciclone Ianos, che ha colpito la Grecia nel settembre 2020, è un esempio lampante di questo potenziale distruttivo. Con venti che hanno raggiunto i 120 km/h e precipitazioni che hanno superato i 200 mm in 24 ore in alcune aree, Ianos ha causato danni ingenti e purtroppo anche vittime.
“Questi eventi ci ricordano quanto sia importante migliorare i nostri sistemi di previsione e allerta”, sottolinea il dott. Andrea Buzzi del CNR-ISAC. La natura ibrida di un ciclone tropicale mediterraneo lo rende particolarmente difficile da prevedere con i modelli meteorologici tradizionali.
La sfida della previsione
La previsione accurata dei cicloni tropicali mediterranei rappresenta una sfida significativa per i meteorologi. La loro natura ibrida e le loro dimensioni relativamente ridotte li rendono difficili da catturare nei modelli meteorologici globali.
Per affrontare questa sfida, i ricercatori stanno sviluppando modelli ad alta risoluzione specifici per il Mediterraneo. Il progetto Med-CORDEX, che coinvolge scienziati da tutta la regione mediterranea, sta lavorando per migliorare la nostra comprensione e capacità di previsione di questi eventi estremi.
“Stiamo facendo progressi significativi”, afferma il prof. Piero Lionello dell’Università del Salento. “I nuovi modelli ci permettono di simulare con maggiore accuratezza l’interazione tra l’atmosfera e il mare, cruciale per la formazione dei medicanes”.
Il futuro della prevenzione del ciclone tropicale mediterraneo
Guardando al futuro, gli scienziati prevedono che i cicloni tropicali mediterranei continueranno a evolversi in risposta al cambiamento climatico. Se da un lato la loro frequenza potrebbe diminuire a causa di condizioni atmosferiche meno favorevoli, dall’altro la loro intensità potrebbe aumentare, alimentata da acque più calde.
Questo scenario pone sfide significative per le regioni costiere del Mediterraneo. Sarà necessario adattare le infrastrutture, migliorare i sistemi di allerta precoce e educare la popolazione sui rischi associati a questi eventi estremi. Importantissima anche la cooperazione internazionale. Il Mediterraneo è un mare condiviso. Affrontare la sfida dei cicloni tropicali mediterranei richiederà uno sforzo congiunto di tutti i paesi della regione.
In conclusione: navighiamo in acque inesplorate
I cicloni tropicali mediterranei rappresentano un nuovo capitolo nella storia meteorologica del Mare Nostrum. Sono il risultato tangibile di come il cambiamento climatico stia ridisegnando il volto del nostro pianeta, trasformando anche bacini storicamente “tranquilli” come il Mediterraneo in arene di eventi meteorologici estremi.
La sfida che ci attende è duplice: da un lato, dobbiamo continuare a studiare e comprendere questi fenomeni, migliorando le nostre capacità di previsione e gestione del rischio. Dall’altro, dobbiamo intensificare gli sforzi per mitigare il cambiamento climatico, la forza trainante dietro l’evoluzione di questi eventi estremi. Come possiamo prepararci meglio per affrontare questa nuova realtà climatica? E quali lezioni possiamo trarre dall’emergere dei cicloni tropicali mediterranei per altre regioni del mondo? Sono domande a cui dovremo trovare risposte nei prossimi anni, mentre navighiamo nelle acque inesplorate del cambiamento climatico.
Voi cosa ne pensate? Avete mai vissuto l’esperienza di un ciclone tropicale mediterraneo? Condividete le vostre esperienze e riflessioni nei canali social di Futuro Prossimo. E se volete rimanere aggiornati sugli ultimi sviluppi in campo meteorologico e climatico, non dimenticate di iscrivervi alla nostra newsletter. Il clima sta cambiando, e insieme possiamo essere meglio preparati ad affrontare le sfide che ci attendono.
Il rapporto descrive in primo luogo i quantitativi di pioggia generati dal ciclone mediterraneo Boris, che sono stati superiori a quelli di ciascuno degli eventi consecutivi che hanno interessato gli stessi territori a maggio 2023. Il valore massimo di pioggia cumulata durante l’intero evento è stato registrato a San Cassiano sul Lamone, con 360 mm complessivi, di cui 285 mm caduti in sole 24 ore nella giornata del 18 settembre 2024. ︎
L’articolo Il Mare Nostrum urla: anatomia del ciclone tropicale mediterraneo è tratto da Futuro Prossimo.
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