In un laboratorio australiano, il suono sta cambiando le regole del gioco. Non è l’inizio di una composizione musicale sperimentale, ma di una rivoluzione nel modo in cui trattiamo il vetro. Immaginate di non dover più pulire le finestre di casa, o di guidare sotto un acquazzone senza che la visibilità venga compromessa. Il vetro idrorepellente non è certo una novità, ma quello permanente sì. E non sto parlando di una pellicola che si stacca dopo qualche mese, ma di una modifica chimica profonda che resiste al tempo.
È quello che hanno ottenuto i ricercatori della Curtin University usando, sorprendentemente, le onde ultrasoniche. Hanno scoperto che queste onde possono innescare una reazione chimica che altera permanentemente la superficie del vetro, rendendola impermeabile all’acqua.
Una danza di microbolle e reazioni chimiche
Il processo sviluppato è efficace, e quasi elegante. Gli scienziati utilizzano onde ultrasoniche per creare minuscole bolle in una soluzione di sale di diazonio. Queste bolle non sono semplici “effetti collaterali” degli ultrasuoni: sono il cuore pulsante della trasformazione.
Le onde sonore creano microscopiche bolle in una soluzione di sale di diazonio, che poi collassano rapidamente, creando minuscole esplosioni di calore e pressione.
Quando implodono (e lo fanno alla velocità del fulmine) generano microscopici punti di calore e pressione così intensi da innescare una reazione chimica. Il risultato? Un legame molecolare stabile che rende il vetro permanentemente idrorepellente (o carico elettricamente, a seconda del tipo di sale utilizzato). Non è un semplice rivestimento che si consuma col tempo: è una modifica strutturale profonda. È un nuovo vetro.

Vetro idrorepellente “ultrasonico”: applicazioni che vanno oltre l’immaginazione
Pensate a quanto potrebbe cambiare la vostra vita quotidiana con questa tecnologia. Parabrezza che respingono l’acqua senza bisogno di tergicristalli. Finestre di grattacieli che si autopuliscono. Pannelli solari che mantengono la massima efficienza anche sotto la pioggia.
Ma c’è di più. Il team guidato dal professor Nadim Darwish, ricercatore presso la School of Molecular and Life Sciences della Curtin University, ha scoperto un effetto collaterale sorprendente: il vetro modificato può attrarre batteri, funghi e alghe.
Questo è molto interessante, perché possiamo adattare le proprietà del vetro per usi specifici, tra cui i sistemi di filtrazione avanzati e la produzione di biocarburanti.
Nadim Darwish
Immaginate sistemi di filtraggio dell’acqua più efficienti, processi di produzione di biocarburanti ottimizzati, o filtri dell’aria con barriere chimiche contro i microrganismi. L’orizzonte delle possibilità si espande a vista d’occhio.
Una tecnologia sostenibile per un futuro più pulito
In un’epoca in cui la sostenibilità è (o dovrebbe essere) al centro di ogni innovazione, questa tecnologia brilla per la sua impronta ecologica. Niente sostanze tossiche, niente processi inquinanti.
La ricerca, pubblicata su Advanced Functional Materials (ve la linko qui), rappresenta un passo avanti significativo nella scienza dei materiali. E ora il team è alla ricerca di partner industriali per portare questa tecnologia dal laboratorio al mondo reale.
Un vetro che odia l’acqua? Si. Forse è proprio quello che ci serviva.
L’articolo Il vetro che odia l’acqua: svolta idrorepellente dagli ultrasuoni è tratto da Futuro Prossimo.
Tecnologia, Materiali, vetro