Non è la prima volta che la tradizione si prende la sua rivincita sulla modernità. Quando pensiamo a dei superfood antiage, la nostra mente corre subito a bacche esotiche dai nomi impronunciabili o a integratori sintetizzati in qualche laboratorio all’avanguardia. Lo avreste immaginato che il segreto per contrastare l’invecchiamento potesse trovarsi nei residui di una bevanda fermentata che da secoli popola le tavole filippine? Si chiama Tapuy, ed è un vino di riso dai profumi intensi e dal gusto caratteristico. I suoi scarti di lavorazione sembrano avere un potenziale che solo ora la scienza moderna sta cominciando ad apprezzare. Come detto, non è il vino in sé (e mi dispiace per chi aveva già iniziato a fantasticare su diete a base di alcol: no, quello fa invecchiare), ma ciò che normalmente verrebbe buttato via: i “lees“, i residui solidi che restano dopo la filtrazione.
Quando lo scarto diventa tesoro
È affascinante come funziona questa bevanda tradizionale. Il tapuy viene prodotto aggiungendo una specie di “coltura starter” chiamata Bubod (un disco composto di amido e microrganismi benefici) al riso glutinoso cotto. Questo innesca una fermentazione che produce sia il vino sia un sottoprodotto solido, i famosi lees del tapuy di cui scrivevo nell’introduzione.
Fino a ieri, questi residui finivano nella spazzatura. Oggi, grazie ai ricercatori dell’Università delle Filippine e dell’Ateneo de Manila University, sappiamo che questi scarti sono in realtà miniere d’oro di polifenoli, composti noti per la loro capacità di combattere lo stress ossidativo, l’infiammazione e i danni cellulari: tutti fattori chiave nel processo di invecchiamento. Vi linko qui lo studio, e intanto continuo.

E non si tratta di miglioramenti marginali. Nei test condotti su nematodi Caenorhabditis elegans (piccoli vermi utilizzati comunemente come modello per studiare l’invecchiamento), uno dei lees del tapuy ha aumentato la durata media della vita degli organismi del 72,72%. Settantadue per cento! È come se improvvisamente potessimo vivere fino a 140 anni invece che 80.
Scarti del Tapuy, un superfood sostenibile (e accessibile)
Mi piace un sacco l’intrinseca sostenibilità di questa scoperta. Non è un ingrediente raro che crescerebbe solo in microscopiche quantità sulle pendici di qualche montagna remota. È uno scarto alimentare, amici miei: qualcosa che già esiste e che normalmente verrebbe gettato via. I ricercatori hanno dimostrato che manipolando la composizione microbica del bubod (la coltura starter) con specie specifiche come Rhizopus oryzae, Mucor indicus e Saccharomyces cerevisiae (alla base anche del comune lievito da cucina), si può ottenere un lees del tapuy particolarmente ricco di composti benefici.
I nematodi trattati con questo estratto non solo vivevano più a lungo, ma mostravano anche una migliore salute e funzionalità cellulare nelle fasi avanzate della vita. Erano più mobili, mantenevano la capacità riproduttiva per un periodo prolungato e possedevano livelli più elevati di superossido dismutasi, un enzima fondamentale per proteggere le cellule dal deterioramento legato all’età.
Certo, i test sull’uomo non sono ancora iniziati, ma i risultati sono estremamente promettenti. E se funzionasse davvero? Uno scarto alimentare tradizionale filippino potrebbe diventare la base per il prossimo ntegratore anti-invecchiamento. Sarebbe una bellissima rivincita della saggezza tradizionale sulla scienza moderna: o forse, più precisamente, un matrimonio perfetto tra le due.
E voi, sareste pronti a includere i lees del tapuy nella vostra dieta quotidiana? Fateci sapere sui canali social di Futuro Prossimo.
L’articolo La sapienza ancestrale del tapuy: un tesoro antiage nascosto? è tratto da Futuro Prossimo.
Medicina, antiage, superfood