Pompei non finì nel 79 d.C.: le tracce dei superstiti riscrivono la storia Futuro Prossimo

Pompei non finì nel 79 d.C.: le tracce dei superstiti riscrivono la storia Futuro Prossimo

Quando si pensa all’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., l’immagine che viene in mente è quella di una città congelata nel tempo, con i suoi abitanti intrappolati per sempre in un istante di tragedia. Ma le recenti scoperte archeologiche stanno ridisegnando questa narrativa. Pompei ed Ercolano non furono completamente spazzate via: molti dei loro abitanti riuscirono a fuggire, portando con sé le loro storie e le loro speranze per il futuro. Oggi, gli archeologi stanno riportando alla luce queste storie, tracciando i percorsi dei superstiti mentre ricostruivano le loro vite in altre città dell’Impero Romano.

Una fuga nella notte

L’eruzione del Vesuvio iniziò nel pomeriggio del 24 agosto del 79 d.C. e durò per più di 18 ore. In quel lasso di tempo, molti abitanti di Pompei ed Ercolano ebbero l’opportunità di fuggire, portando con sé quanto potevano. Questo spiega perché i resti umani trovati nelle città rappresentano solo una frazione della popolazione totale, e perché molti oggetti che ci si aspetterebbe di trovare, come carri, cavalli e gioielli, sono assenti.

Per rintracciare le storie dei sopravvissuti, l’archeologo Steven L. Tuck ha sviluppato un metodo degno di un detective (vi linko qui lo studio). Ha cercato nomi romani caratteristici di Pompei ed Ercolano, come Numerius Popidius e Aulus Umbricius, in iscrizioni di altre città dell’Impero, datate dopo l’eruzione. Ha anche cercato prove di miglioramenti nelle infrastrutture di queste città, che potessero indicare l’arrivo di nuovi abitanti.

Dopo otto anni di ricerche, Tuck ha trovato prove di oltre 200 superstiti in 12 città, principalmente nell’area circostante il Vesuvio, ma tendenzialmente a nord, fuori dalla zona di massima distruzione. Sembra che la maggior parte dei superstiti sia rimasta il più vicino possibile a casa, preferendo stabilirsi con altri superstiti e facendo affidamento sulle reti sociali ed economiche delle loro città d’origine.

Un’antica epigrafe romana. Steven L. Tuck ne ha censite migliaia, ricostruendo in 10 anni la vita di oltre 200 superstiti ai disastri di Pompei ed Ercolano. Immagine: Depositphotos

Superstiti di Pompei ed Ercolano: nuove vite, nuove fortune

Le storie dei sopravvissuti sono varie quanto le loro fortune. Alcuni, come la famiglia Caltilius, prosperarono nella loro nuova casa a Ostia, fondando un tempio e costruendo una sontuosa tomba di famiglia. Altri, come Fabia Secundina, si ritrovarono in difficoltà, costretti a matrimoni di convenienza e a lottare per sbarcare il lunario.

Ci sono anche storie di generosità e resilienza. Famiglie povere come gli Avianii, gli Atilii e i Masuri si presero cura l’una dell’altra nella loro nuova casa a Nuceria (l’odierna Nocera), arrivando ad accogliere orfani come figli adottivi. E anche i meno abbienti continuarono a donare alle istituzioni religiose e civiche delle loro nuove comunità, proprio come avevano fatto a Pompei ed Ercolano.

Il ruolo del governo nella ricostruzione e nel recupero dei superstiti

Le autorità romane giocarono un ruolo cruciale nel sostenere i superstiti e le loro nuove comunità. Gli imperatori investirono pesantemente nella regione, ricostruendo le proprietà danneggiate dall’eruzione e costruendo nuove infrastrutture per le popolazioni sfollate, incluse strade, sistemi idrici, anfiteatri e templi.

Questo modello di ripresa post-disastro può essere una lezione per oggi. I costi del finanziamento della ricostruzione non sembrano mai essere stati messi in discussione. I sopravvissuti non furono isolati in campi o costretti a vivere indefinitamente in città di tende.

Non ci sono prove che abbiano incontrato discriminazioni nelle loro nuove comunità. Al contrario: tutti i segni indicano che furono accolti a braccia aperte, con molti di loro che aprirono attività e ricoprirono cariche nei governi locali.

Steven L. Tuck

Una nuova prospettiva su Pompei

Le storie dei superstiti di Pompei ed Ercolano aggiungono una nuova dimensione alla nostra comprensione di questa tragedia storica. Non si tratta più solo di una città congelata nel tempo, ma di migliaia di vite interrotte e poi ricostruite altrove.

Queste storie parlano di resilienza di fronte alla catastrofe, di comunità che si uniscono per aiutare chi è nel bisogno, e di un governo che interviene per sostenere i suoi cittadini. Sono storie che risuonano ancora oggi, in un mondo dove disastri naturali e sfollamenti forzati sono all’ordine del giorno.

Mentre gli archeologi continuano a portare alla luce nuove prove, la narrativa di Pompei ed Ercolano si evolve anche con la tecnologia. Non è più solo una storia di distruzione, ma anche una di sopravvivenza e rinascita. Continueremo a contemplare i volti pietrificati di coloro che rimasero intrappolati dalla cenere. E ci commuoveremo ancora, perché è un’esperienza universale. Da oggi, però, immagineremo anche i volti speranzosi di coloro che fuggirono. Dei superstiti pronti a ricominciare da capo in un nuovo luogo, portando con sé le lezioni e i ricordi della città che una volta chiamavano casa.

L’articolo Pompei non finì nel 79 d.C.: le tracce dei superstiti riscrivono la storia è tratto da Futuro Prossimo.

Scoperte, Archeologia, Pompei 

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