Il Sinai, ponte tra Africa e Asia, custodisce millenni di storia. Oggi, questa terra arida e apparentemente inospitale potrebbe essere sul punto di una trasformazione epocale. Un ambizioso progetto mira a riportare la vita dove ora regna il deserto, sfidando la natura stessa e dividendo l’opinione degli esperti.
Un ingegnere con un sogno verde
Immaginate di guardare il Sinai su Google Earth. Chilometri e chilometri di sabbia e rocce, giusto? Ora, pensate a tutto quel giallo trasformato in verde. È il sogno di Ties van der Hoeven, un ingegnere olandese con un’idea talmente ambiziosa da far sembrare il progetto del Canale di Suez una passeggiata nel parco.
Il piano: Sinai da deserto a oasi in (solo) qualche decennio
Van der Hoeven vuole trasformare circa 35.000 km² del Sinai in terra fertile. Per darvi un’idea, è come se decidessimo di piantare alberi su tutta la Sicilia, e poi aggiungere qualche alberello anche in Calabria, giusto per non farci mancare nulla. Il suo piano? Iniziare dal Lago Bardawil, una laguna salata nel nord del Sinai, e poi espandersi verso l’interno.
La natura ci mette lo zampino (o la radice)
L’idea è che aggiungendo vegetazione, aumenterà l’evaporazione, si formeranno più nuvole e pioverà di più. Van der Hoeven è convinto che questo potrebbe addirittura cambiare i modelli meteorologici della regione.
Può sorprendere, ma progetti simili sono già stati realizzati. In Cina, l’altopiano del Loess, un’area grande quasi quanto la California, è passato dall’essere un deserto giallo a un tappeto verde. Ma attenzione: ciò che funziona in Cina, ovviamente, potrebbe non funzionare nel Sinai. Gli “ingredienti” sono simili, ma il risultato non è scontato. E in effetti i dubbi ci sono.
Il Sinai oggi…… E nel 2050, nel suo possibile aspetto.
Gli scettici: “Non così in fretta”
Naturalmente, non tutti sono entusiasti di questo progetto. Alcuni esperti alzano il sopracciglio (scientificamente parlando) e avvertono dei possibili effetti collaterali. Cambiare un ecosistema è complicato.
Alice Hughes, dell’Università di Hong Kong, avverte che potremmo finire per piantare specie invasive o assetate d’acqua, creando più problemi di quanti ne risolviamo.
Perché, ironia della sorte, i deserti hanno un ruolo importante nel raffreddare il pianeta. Il professor Raymond Pierrehumbert dell’Università di Oxford spiega che le superfici chiare dei deserti riflettono più energia solare nello spazio rispetto alla vegetazione scura. Quindi, rendere verde il Sinai potrebbe paradossalmente finire per riscaldare il resto del pianeta. Un po’ come mettere l’aria condizionata in una stanza e scoprire di aver acceso il riscaldamento in tutte le altre.
Allora, lo facciamo o no?
Come se trasformare un deserto in un’oasi non fosse abbastanza complicato, ci si mettono di mezzo anche le tensioni geopolitiche. Il conflitto in corso a Gaza ha rallentato i piani.
Van der Hoeven rimane ottimista, anche se per lui non c’è tempo da perdere: dobbiamo agire ora, anche se non abbiamo tutte le risposte. Audace? Sì. Rischioso? Anche. Necessario? Secondo lui, assolutamente.
Sinai “verde”: idea folle o geniale?
Il progetto di rinverdire il Sinai è una di quelle idee che o cambieranno il mondo o finiranno nei libri di storia come “cose che sembravano una buona idea”. È ambizioso, controverso e, ammettiamolo, un po’ pazzesco. Ma in un mondo alle prese con il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità, forse abbiamo bisogno di un po’ di follia. Non troppa, però.
Magari tra qualche decennio, quando prenoteremo le nostre vacanze, invece di “Sharm el-Sheikh” cercheremo “Foresta pluviale del Sinai”. Stranamente affascinante, no?
L’articolo Sinai: il “folle” progetto per rendere il deserto un paradiso verde è tratto da Futuro Prossimo.
Ambiente, Egitto