X fragile, le nuove terapie in fase di studio Futuro Prossimo

X fragile, le nuove terapie in fase di studio Futuro Prossimo

Pensate alla Sindrome dell’X fragile come a un castello di carte genetico: basta rimuovere una sola carta (in questo caso, la mutazione del gene FMR1) e l’intera struttura cerebrale si riorganizza in modi che ancora non comprendiamo completamente.

Questa singola mutazione, però, ha aperto la strada a un’intensa ricerca preclinica e clinica, facendo della sindrome dell’X fragile un modello prezioso per comprendere anche altre forme di autismo. E dopo anni di tentativi falliti, stanno finalmente emergendo nuovi approcci terapeutici: dal microbioma intestinale ai cannabinoidi, passando per inibitori enzimatici specifici, la scienza esplora strade sorprendentemente diverse. Diamo un’occhiata insieme, partendo da uno studio riassuntivo appena pubblicato su Cell? Come sempre, partendo dal principio, con calma.

X fragile, la caccia ai trattamenti efficaci

La sindrome dell’X fragile è un disturbo genetico che colpisce nel profondo lo sviluppo cognitivo delle persone. Tra il 14% e il 60% di chi ne soffre presenta anche sintomi di autismo (soprattutto i maschi). È importante capire che questa sindrome rappresenta la causa genetica più comune di autismo, costituendo circa il 2-5% dei casi totali. A differenza dell’autismo generale, che può avere tante cause diverse, L’X fragile ha un’origine precisa e identificabile: un singolo gene chiamato FMR1 che, quando mutato, non produce una proteina essenziale per il normale sviluppo cerebrale.

Questa “chiarezza eziologica” ha fatto sì che sia stata oggetto di estese ricerche precliniche e cliniche, e i modelli di X fragile vengono spesso utilizzati per comprendere anche altre forme di autismo. Lo spiega bene lo studio di Yu e Berry-Kravis, pubblicato su Seminars in Neurology nell’ormai “lontano” 2014, che evidenzia come questa condizione sia diventata un punto di riferimento per la ricerca sui disturbi del neurosviluppo.

La ricerca di un trattamento efficace per l’X fragile è stata finora piena di ostacoli. Attualmente, non esistono interventi farmacologici approvati per trattare i sintomi principali del disturbo, nonostante una comprensione molto più chiara della sua fisiopatologia genetica e molecolare rispetto all’autismo in generale. Numerosi farmaci hanno mostrato promesse in studi preclinici, ma hanno fallito nel migliorare i sintomi principali nelle fasi successive della sperimentazione clinica.

La ricerca di un trattamento efficace per l’autismo è stata un percorso complesso e non ha ancora fornito farmacoterapie efficaci. Attualmente, solo i farmaci antipsicotici aripiprazolo e risperidone sono stati approvati per il trattamento dell’irritabilità nell’autismo, ma non migliorano i sintomi principali del disturbo.

1 – L’intestino che parla al cervello: probiotici e trapianti microbici.

Una delle frontiere più interessanti nella ricerca sulla X fragile riguarda il microbioma intestinale. Recenti studi hanno evidenziato come le persone con autismo presentino un microbioma intestinale con un aumento di specie patogene rispetto agli individui neurotipici (disbiosi intestinale). Questa alterazione può influenzare lo sviluppo neurologico e il comportamento attraverso l’asse intestino-cervello.

L’infiammazione causata dalla disbiosi può compromettere la funzione dello strato mucoso intestinale e indurre uno stato infiammatorio sistemico. Le conseguenze di un alterato strato mucoso possono essere ulteriormente aggravate da danni alla barriera emato-encefalica, spesso compromessa nelle persone autistiche, rendendo questi individui suscettibili alla neuroinfiammazione o allo stress ossidativo derivante dalla disbiosi intestinale.

I probiotici (batteri “buoni” che assumiamo con alcuni alimenti o integratori) rappresentano una promettente strategia di trattamento. In parole semplici, questi microrganismi benefici creano nell’intestino un ambiente ostile ai batteri dannosi, un po’ come quando una comunità ben organizzata tiene lontani gli intrusi indesiderati. I probiotici aiutano a rinforzare la “barriera intestinale” (le pareti dell’intestino che impediscono ai batteri di entrare nel sangue) e riducono l’infiammazione generale del corpo. Pensate all’intestino come a un giardino: i probiotici sono i fiori e le piante benefiche che vogliamo far crescere, mentre cerchiamo di tenere sotto controllo le erbacce.

Probiotici per la X fragile: i risultati

Nei modelli animali di autismo, i trattamenti probiotici hanno mostrato miglioramenti nei deficit di comportamento sociale, riduzione dei comportamenti ripetitivi e inversione della disbiosi intestinale. Uno studio di Kong e colleghi, pubblicato su Food & Function nel 2021, ha dimostrato come l’assunzione quotidiana di Lactobacillus allevii i comportamenti simil-autistici migliorando il disordine metabolico della serotonina nei ratti trattati con acido valproico.

Anche il trapianto di microbiota fecale (FMT) e la terapia di trasferimento microbico (MTT) stanno mostrando risultati promettenti. In un altro studio di Wang e colleghi, pubblicato su Translational Psychiatry nel 2023, topi esposti prenatalmente all’acido valproico e trattati con FMT da donatori neurotipici hanno mostrato un recupero del comportamento sociale. L’MTT, un protocollo FMT modificato, ha migliorato significativamente la socializzazione, la comunicazione, l’irritabilità, l’iperattività, i comportamenti stereotipati e i sintomi gastrointestinali in bambini con autismo, con benefici che si sono mantenuti per due anni dopo il trattamento, come riportato da Kang e colleghi su Scientific Reports nel 2019.

2 – Il ruolo dell’infiammazione: approcci terapeutici innovativi

La disfunzione infiammatoria è stata ampiamente descritta nell’autismo, presentando un nuovo promettente bersaglio terapeutico. Tra i trattamenti antinfiammatori in fase di sperimentazione clinica, troviamo il co-ultramicronizzato PEALut, composto dall’ammide dell’acido grasso simil-endocannabinoide palmitoiletanolamide (PEA) e dal flavonoide luteolina (Lut), che ha un effetto antinfiammatorio attraverso un approccio multiplo.

In modelli murini, il co-ultramicronizzato PEALut ha portato a riduzioni dei marker proinfiammatori e della morte cellulare nell’ippocampo e nel cervelletto, ha promosso la proliferazione cellulare e la plasticità sinaptica nell’ippocampo e ha migliorato le alterazioni comportamentali sociali e non sociali associate all’autismo. Uno caso di studio su un bambino maschio con autismo ha mostrato come questo trattamento abbia migliorato la socievolezza e gli stereotipi motori (ma non i deficit del linguaggio).

La minociclina, un antibiotico della classe delle tetracicline con effetti antinfiammatori, ha migliorato l’interazione sociale, il comportamento ripetitivo e l’attività esplorativa nei modelli murini. Nei topi Fmr1 KO (un modello di X fragile), il trattamento con minociclina ha aumentato il numero di spine dendritiche ippocampali mature, ridotto il comportamento simil-ansioso e migliorato l’apprendimento.

Particolarmente interessante è stato lo studio clinico sull’efficacia del trattamento cronico con minociclina nei pazienti con X fragile, che ha riportato un miglioramento del linguaggio, dell’attenzione, della comunicazione sociale, dell’ansia, dell’irritabilità, della stereotipia, dell’iperattività e del linguaggio inappropriato. Più recentemente, un team ha valutato la minociclina e la lovastatina come monoterapie e come terapia combinata nell’X fragile, scoprendo che la terapia combinata portava a molteplici miglioramenti comportamentali significativi, come riportato da Champigny e colleghi su Frontiers in Psychiatry nel 2022.

3 – Correggere lo squilibrio di cloro con la bumetanide

Le alterazioni ipotizzate nella segnalazione del cloro nell’autismo e nell’X fragile hanno recentemente portato a un significativo interesse per il riutilizzo di un farmaco esistente noto come bumetanide. La bumetanide, un inibitore dei cotrasportatori Na-K-Cl 1 e 2 (NKCC1/NKCC2), fu inizialmente introdotta come diuretico per il trattamento dell’ipertensione, dell’insufficienza cardiaca congestizia e delle sindromi nefritiche.

Il punto centrale è questo: nel cervello di persone con X fragile, i livelli di una sostanza chiamata cloro all’interno dei neuroni sono troppo alti. Questo squilibrio disturba la comunicazione tra le cellule cerebrali. La bumetanide ha la capacità di riequilibrare questi livelli di cloro. È come risintonizzare una radio disturbata: quando i segnali diventano più chiari, il cervello può funzionare meglio.

Serve cautela

Quattro studi clinici di fase 2 della bumetanide nei bambini con autismo hanno prodotto risultati promettenti. Il farmaco ha portato a significativi miglioramenti nel comportamento sociale e a una riduzione del comportamento restrittivo e ripetitivo. Tuttavia, due più recenti studi clinici di fase 3 nelle persone autistiche hanno mostrato una mancanza di efficacia della bumetanide.

La ricerca sul potenziale trattamento dell’X fragile con la bumetanide rimane limitata a uno solo caso in cui la bumetanide ha migliorato il comportamento sociale e motorio e la funzione cognitiva in un ragazzo con X fragile. È necessaria un’ulteriore valutazione (attualmente in corso) della bumetanide nei pazienti con X fragile per valutarne l’efficacia.

4 – Gli estratti di cannabis come potenziale trattamento

Un’altra recente via di intervento terapeutico riguarda le alterazioni nella segnalazione endocannabinoide. I fitocannabinoidi come il cannabidiolo (CBD) e il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) sono stati studiati come trattamenti per l’autismo e l’X fragile.

Il CBD e il THC agiscono come chiavi che si inseriscono in diverse “serrature” (recettori) nel nostro corpo. Mentre il THC è responsabile degli effetti psicoattivi della cannabis, il CBD non causa questo tipo di effetti e può influenzare diversi sistemi nel nostro corpo, inclusi quelli legati all’umore, all’ansia e all’infiammazione. È un po’ come avere un interruttore che regola contemporaneamente diverse funzioni del nostro organismo.

Il trattamento con CBD puro ha portato a una significativa diminuzione del comportamento simil-ansioso nei topi Fmr1 KO e WT, come evidenziato dalla ricerca di Zieba e colleghi pubblicata su Pharmacology, Biochemistry, and Behavior nel 2019. Inoltre, il trattamento con cannabidivarina (CBDV), un analogo propilico del CBD, in topi Fmr1 KO adolescenti ha portato a un notevole recupero del riconoscimento degli oggetti, della novità sociale, dell’interazione sociale e della risposta sensoriale.

Tre case report che valutano l’effetto di una soluzione botanica arricchita di CBD nei pazienti con X fragile hanno mostrato cambiamenti auto-riportati e riportati dai genitori che includevano miglioramenti nella coordinazione motoria, nel contatto visivo, nel comportamento sociale, nel sonno, riduzione del comportamento di auto-stimolazione, riduzione dell’ansia e aumento della capacità di lavorare. Uno studio clinico esplorativo di fase 1/2 è stato condotto per valutare la sicurezza e l’efficacia di un gel transdermico di CBD (ZYN002) in bambini e adolescenti con diagnosi di X fragile. Dopo 12 settimane di trattamento, ci sono stati vari miglioramenti nel comportamento, tra cui sintomi basati sull’ansia, irritabilità, iperattività, funzionamento emotivo e sintomi principali dell’autismo, come riportato da Heussler e colleghi su Journal of Neurodevelopmental Disorders nel 2019.

5 – L’inibizione della fosfodiesterasi 4D recupera il comportamento nell’X fragile

La modulazione della segnalazione dell’AMP ciclico (cAMP) rappresenta un’altra strategia innovativa per affrontare i sintomi principali dell’autismo e dell’X fragile. Nei topi Fmr1 KO, nelle cellule neuronali umane con X fragile e nelle piastrine, la produzione di cAMP è ridotta rispetto ai controlli. L’AMP ciclico è fondamentale in numerosi processi, tra cui lo sviluppo neurale e l’apprendimento/memoria.

Per capire meglio questa strategia, immaginate che nel cervello ci sia un messaggero chimico chiamato AMP ciclico (cAMP) che aiuta i neuroni a comunicare tra loro. Nelle persone con X fragile, questo messaggero viene distrutto troppo velocemente da un enzima chiamato PDE4D. Gli scienziati hanno quindi sviluppato un farmaco (BPN14770) che rallenta questo enzima, permettendo al messaggero di rimanere attivo più a lungo.

I risultati sono incoraggianti: uno studio su 30 pazienti maschi con X fragile, pubblicato su Nature Medicine nel 2021 da Berry-Kravis e colleghi, ha mostrato che questo farmaco è sicuro e migliora la capacità di pensare, parlare e svolgere attività quotidiane. L’aspetto più sorprendente? I miglioramenti sono continuati anche 12 settimane dopo la fine del trattamento! Attualmente è in corso uno studio più ampio per confermare questi risultati promettenti.

Un futuro di speranza: verso terapie personalizzate

Nonostante i numerosi tentativi falliti in passato, gli approcci che abbiamo esplorato in questo articolo accendono una luce di speranza per le famiglie che convivono con la X fragile. Dall’intestino al cervello, dalla cannabis ai probiotici, la scienza sta finalmente esplorando strade diverse e promettenti.

Ma c’è una lezione importante che emerge da tutte queste ricerche: non esiste una soluzione unica per tutti. Ogni persona con X fragile è unica, con il proprio profilo di sintomi, la propria età, il proprio sesso e la propria risposta ai trattamenti. Il futuro della terapia è nella personalizzazione: identificare il trattamento giusto per la persona giusta, al momento giusto.

Mi commuove pensare a quei genitori che, dopo aver ricevuto la diagnosi di X fragile per il loro bambino, si chiedono quale sarà il suo futuro. Oggi possiamo dire loro che quel futuro appare meno oscuro che mai. Non stiamo parlando di cure miracolose, ma di progressi concreti, di piccoli passi che, insieme, potrebbero fare una grande differenza nella vita quotidiana.

E forse, la vera speranza risiede proprio in questo mosaico di approcci diversi: nell’idea che il puzzle dell’X fragile, un tempo considerato insolubile, stia lentamente rivelando i suoi segreti. Pezzo dopo pezzo, ricerca dopo ricerca, sta nascendo un futuro in cui la diagnosi di X fragile non sarà più una sentenza, ma l’inizio di un viaggio pieno di possibilità, supporto e comprensione.

L’articolo X fragile, le nuove terapie in fase di studio è tratto da Futuro Prossimo.

Medicina, autismo, terapie 

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